«Il cardinale? Gli piacciono il calcio e la politica E sugli immigrati vi stupirà»

Roberto Formigoni conosce Angelo Scola da più di mezzo secolo. Il presidente della Regione Lombardia e il nuovo arcivescovo di Milano, entrambi di Lecco, si sono incontrati da ragazzi, al liceo classico Alessandro Manzoni. Hanno attraversato insieme avventure anche burrascose, come quando li prendevano a botte perché attaccavano i manifesti di Comunione e liberazione, il movimento ecclesiale fondato da don Giussani.
Presidente Formigoni, ricorda la prima volta che ha visto il suo amico Angelo Scola?
«Certo! lo ricordo benissimo. Ero un ragazzino di 13 anni, era il 1960 e mi ero appena iscritto alla quarta ginnasio del liceo Manzoni di Lecco. Ricevetti una telefonata da Angelo Scola, che aveva cinque anni in più di me, aveva appena fatto la maturità ed era presidente locale della Gioventù studentesca, quella che poi sarebbe diventata Comunione e liberazione».
E che cosa voleva da lei don Angelo?
«Non era ancora don. Sarebbe entrato in seminario una decina di anni dopo. Si stava per iscrivere al Politecnico: fece lì due anni e poi passò a Filosofia. Mi disse: abbiamo dato vita a questo giornale studentesco che si chiama «Il Michelaccio» (vuol dire ragazzo discolo), vorremmo che tu facessi una tre giorni a Gazzada per parlare del giornale. Verranno a tenerci seminari anche il giornalista Giorgio Bocca e il mitico Robi Ronza. Da allora siamo sempre stati amici io e Angelo, poi don Angelo, il vescovo Angelo, il cardinale Angelo, patriarca Angelo e oggi arcivescovo Angelo».
Quando l’ha visto l’ultima volta che le ha detto?
«Sono andato a trovarlo a Venezia sei mesi fa, a Natale. La frequentazione, che fu intensissima in quei primi anni, poi si diradò moltissimo, ma stima e amicizia sono rimaste inalterate. Le scelte politiche le faccio io! le scelte cardinalizie le fa lui! ma amiamo, da persone che si stimano, approfondire certi temi e scambiare opinioni sul mondo».
Ha ricevuto consigli e rimproveri da Angelo Scola?
«Soprattutto nell’età giovanile, sì! Tanti ma me li tengo per me. Tutte le scelte più importanti le abbiamo discusse insieme. Mi iscrissi anch’io a ingegneria, poi come lui passai a filosofia...».
Che tipo era il cardinale Scola a vent’anni?
«Era molto poco burocratico, ci aiutò nel passaggio della fede cristiana dall’età infantile all’età giovanile. Negli anni ’50 e ’60 tutta l’Italia era cattolica ma da adolescenti quella fede non ci bastava più. Io ebbi la fortuna di imparare una fede più consapevole con Scola e altri con lui. Non c’erano maestri in cattedra ma chi era più grande aiutava chi era più piccolo a entrare nella fede della Chiesa».
Come lo descrive a tutti coloro che ancora non lo conoscono?
«È un uomo completo, curioso, interessato, sicuramente di grande cultura, ha studiato molto perché sentiva che per dare testimonianza bisognava conoscere e dialettizzare con tutti, anche con la cultura marxista che stava diventando egemone. È anche uomo, profondamente uomo, capace di dialogare e appassionato di sport e di politica».
Per quale squadra tifa?
«Come molti della sua generazione è tifoso del Toro, che aveva vinto cinque scudetti e poi c’era stata la tragedia di Superga. È tifoso del Lecco e del Venezia ma se deve scegliere per lo scudetto, tifa Milan. Ritengo di essere stato importante in questa scelta».
Che cosa si aspetta dal vescovo Scola?
«Saranno sorpresi da come sarà capace di interloquire su immigrazione, lavoro, confronto di culture. È un grande intellettuale, per una volta non marxista o di sinistra, ma cattolico a 360 gradi e non noioso, non barboso, capace di interessare anche il laico più incallito. Alcune parole di Cacciari sono una testimonianza straordinaria. È un uomo sorprendente e piacevolissimo».
È cambiato negli anni?
«Da giovane aveva una capigliatura rosso fulvo, adesso si è imbiancato... Ha 69 anni ma ha fondato questo Oasis, che è un osservatorio importantissimo sul mondo islamico. Scrive da sé i suoi discorsi e i suoi documenti. È uno capace di stroncare un cavallo per la massa di lavoro. Fa un po’ poco sport».
In molti con il suo arrivo temono uno strapotere di Cl a Milano.
«Chi lo teme non conosce Cl e non sa che cosa sia. Non è una setta e nemmeno un’associazione, è un modo di vivere il cristianesimo nella sua totalità. Il ciellino si riconosce integralmente nell’insegnamento del Papa e dei vescovi in comunione con lui».


Scola e Pisapia come don Camillo e Peppone?
«Ma per carità, ha convissuto con Cacciari a Venezia, confrontandosi. Certo, se Pisapia saprà reggere la sfida. Poi ci sarà anche Formigoni: non è mica detto che la pensiamo sempre nello stesso modo».

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