Cari comici c’è davvero poco da ridere

Cari comici, c’è poco da ridere. In Un cuore intelligente (Adelphi), Alain Finkielkraut racconta nove capolavori letterari (da Vasilij Grossman a Philip Roth, passando per Camus) della modernità con un’idea meravigliosa in testa: «Della letteratura non abbiamo bisogno per imparare a leggere. Ne abbiamo bisogno per sottrarre il mondo alle letture sommarie». Il romanzo dunque illumina la vita. E ogni libro rivela un aspetto della società in cui viviamo. L’apertura è riservata allo Scherzo di Milan Kundera, occasione per una acuminata riflessione sullo spirito dei tempi. Indubbiamente farsesco, secondo il filosofo francese: «La risata è diventata la colonna sonora del mondo».
Già, ma che tipo di risata? Un tipo tutto particolare: «Riavutasi dall’illusione rivoluzionaria, ma violentemente egualitaria, la risata contemporanea sbandiera l’ideale della deidealizzazione. Essa si accanisce contro la trascendenza, non accetta alcun genere di primato, perseguita la grandezza in qualsiasi forma si manifesti, si innalza a vendicatrice della mediocrità oltraggiata dalla superiorità, riduce l’anima a un articolo da rigattieri, una cosa indecente, un motivo di gazzarra, e lavora indefessamente per rendere ogni uomo monolitico. Soprattutto nessuna distinzione, nessuna dissonanza, nessun conflitto interiore, nessun rimorso!».
Il buffone, un tempo, faceva le bucce al re. Oggi egli stesso è il re adulato e temuto della «democrazia radicale». Uno dei tormentoni giornalistici degli ultimi anni recita chiaro: i giullari hanno rubato il mestiere ai politici. Ma i comici hanno perso il senso dell’umorismo, sostituito da una «perenne ilarità». Scrive Finkielkraut, «Kundera definisce l’umorismo “lampo divino che rivela l’ambiguità del mondo”. Mirabile scoperta, che fa vacillare il senso, ma è essa stessa vacillante, instabile, incerta (...). La risata dell’umorismo scompagina le sacre unioni; quella dei giullari addita le vittime sacrificali. La prima sfida il branco, la seconda la aizza. La prima è una forma di dubbio; la seconda sputa sentenze senza alcuna remora.

La risata umoristica nutrita dalla fantasia scuote le solenni certezze dell’ideologia; la risata dei giullari decapita chi svetta e punisce con lo sberleffo tutti gli arretrati, gli antiquati, i reazionari, tutti quelli che con il loro anacronismo non si adeguano alle derisorie certezze dello spirito dei tempi».
A molti comici italiani a questo punto fischieranno le orecchie.

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