Oggi noi tutti contempliamo sconsolati l’incredibile debolezza dell’Europa. Quando è scoppiata la Prima guerra mondiale, i Paesi europei concentravano nelle proprie mani quasi tutta la scienza,la tecnologia,il sapere,la ricchezza e il potere del mondo. Non solo, costituivano un’unica civiltà. Nonostante i nazionalismi, le guerre, le frontiere e i passaporti, c’era un’unica élite culturale europea. I suoi intellettuali, i suoi scienziati italiani, spagnoli, austriaci, tedeschi, francesi, russi, inglesi si frequentavano, si conoscevano, erano in rapporti epistolari. Tutti parlavano diverse lingue. Oggi col trattato di Schengen sono stati aboliti i passaporti ma i popoli sono più lontani di quanto non lo fossero allora. E non esiste più una élite culturale, ci sono tanti tipi di specialisti che comunicano fra di loro in inglese nelle imprese o nei congressi e solo sulla loro materia specifica, poi fra di loro non hanno nulla in comune, nulla da dirsi.
È questa la ragione prima e fondamentale della debolezza europea. Non c’è un popolo europeo. E non c’è perché non c’è mai stato un patriottismo europeo, un movimento popolare europeo come quello che c’è stato in Francia, in Italia, in Spagna.L’unica vera realtà sociale non sono le istituzioni, i trattati, sono i popoli.
È il popolo la fonte della lealtà, della solidarietà che costituisce il cemento di qualsiasi formazione politica o religiosa. Sono i popoli che hanno una lingua madre, che hanno una patria e sono pronti a battersi per essa. Sono i popoli che credono, che hanno ricordi, che hanno una storia. Sono i popoli che hanno speranza, fiducia, che hanno ideali. Sono i popoli che hanno capi, che hanno eroi. Non avendo un popolo, l’Europa non ha capi. Ha un Parlamento, ha dei burocrati, ha dei funzionari, non dei capi.
È la prima volta che, con la Merkel, emerge una personalità. Bene! È la prima volta che si capisce che qualcuno può prendere decisioni. E io mi auguro che la stessa forza la sappiano dimostrare anche altri: Mario Draghi per esempio. E vi prego, ricominciate a parlare le vostre lingue. Ritrovate l’orgoglio e il piacere della traduzione! Facciamo come la Svizzera che è una nazione poliglotta.
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