Non basta studiare. Alla maturità servono anche i trucchi. «E non sono marginali: valorizzano quello che hai studiato» puntualizza Antonella Landi, in arte «la profe». Fiorentina, ha appena scritto per Mondadori una Storia parecchio alternativa della letteratura italiana e conosce bene esami e alunni: per 16 anni ha insegnato italiano alle superiori e, dopo un triennio alle medie, ora tornerà al liceo.
Il consiglio numero uno?
«Innanzitutto non farsi sopraffare dallemozione. Allesame dobbiamo ripescare il bagaglio assimilato negli anni di studio e sfruttarlo nel modo più raffinato».
Come si scrive di un autore?
«Puntando sul piacere: un modo per avvicinarsi agli autori è umanizzarli».
Come nel suo libro? «Dante: il non plus ultra». Uno che, assicura, nella vita rideva spesso.
«Certo. I grandi scrittori sono uomini come noi. E hanno sempre qualcosa di concreto da dirci: perciò il trucco è contestualizzarli e parlarne con convinzione. Se uno studente scribacchia due frasi da unantologia si capisce subito: con gli autori servono passione e consapevolezza. E bisogna leggerli: non basta affidarsi ai critici».
Come si affronta un classico?
«Con umiltà e coraggio. Ma senza paura: Dante o Leopardi non sono più difficili di altri, limportante è non lasciarsi impressionare, non sentirsi mai inadeguati a parlare dei grandi. E farlo con amore, dire quello che hanno risvegliato in noi».
E con quelli noiosi? Lei scrive: «Carducci si salta».
«È datato: impossibile coinvolgere davvero gli studenti. Però, se capita Carducci, bisogna parlarne in maniera seria. E poi qualcosa sarà pur piaciuto: nessun autore ha solo aspetti negativi».
E per lanalisi del testo?
«Servono gli attrezzi del mestiere, cioè le figure retoriche. Vanno studiate, perché la poesia è fatta di marchingegni, come una caccia al tesoro. Non si vincono soldi: è il piacere di instaurare una complicità con lautore».
Allesame funziona?
«Certo. Mio fratello ha fatto listituto tecnico e, alla maturità, parlò di sonetti e rime: si assicurò un ottimo voto. E poi le figure retoriche non le scordi: un enjambement lo riconosci sempre».
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