Ottenuta la testa di Alessandro Profumo, la Fondazione CariVerona di Paolo Biasi si smarca dall’Unicredit di Federico Ghizzoni, avvicinandosi al Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti. Una mossa politica, benedetta dal sindaco di Verona Flavio Tosi, che già a fine ottobre era riuscito a inserire i suoi uomini nelle due stanze più delicate dell’Ente scaligero: quella che si occupa delle erogazioni sul territorio e quella che ragiona sugli investimenti e, quindi, sulla quota di Unicredit (4,9%), di cui Cari-Verona è il primo azionista italiano, alle spalle dei fondi sovrani libici. L’occasione sarà l’aumento di capitale da 2 miliardi di euro con cui il Banco puntellerà il patrimonio: CariVerona ha ufficializzato ieri di essere pronta ad aprire il borsellino, pur rimandando la quantificazione dell’esborso a una fase successiva al deposito del prospetto informativo. In sostanza, molto dipenderà dallo sconto che Saviotti offrirà rispetto alle quotazioni di Borsa. L’operazione ha comunque catturato l’attenzione degli investitori: in Piazza Affari il Banco ha guadagnato il 5,58% chiudendo a un prezzo di 3,5 euro, a un passo dai massimi di giornata, tra volumi consistenti. A spingere il titolo ha poi contribuito la pagella di Goldman Sachs che ha migliorato il giudizio. Secondo alcune indiscrezioni di ambienti veronesi, Biasi potrebbe spingersi dall’attuale 0,06% fino al 5% del Banco. Per racimolare tale quota, Cari-Verona potrebbe però essere costretta ad alleggerire il legame con Unicredit dal 4,9% al 3,9 per cento. Ai valori attuali, la scalata a grande socio del Banco Popolare costerebbe a Biasi poco più di 200 milioni. Una cifra impegnativa, soprattutto considerando che essendo il Banco una cooperativa vige il voto capitario, e che vendere l’ 1% di Unicredit significa contabilizzare una sensibile minusvalenza rispetto ai valori di carico. Senza contare che, nei prossimi anni, Unicredit dovrebbe dare maggiori soddisfazioni in termini di dividendi. Il riposizionamento di Cari-Verona ha però soprattutto un sapore politico e viene letto da alcuni osservatori come un’altra tappa della «pace armata» in città tra Biasi e la Lega. Non per niente Tosi, che era stato anche tra i primi a sposare la crociata indetta da Bossi per conquistare le banche del Nord e a osteggiare l’avanzata islamica in Unicredit, ha subito promosso l’investimento di CariVerona nel Banco: «Come amministrazione e come città siamo sempre stati favorevoli all’ingresso della Cassa nel Banco Popolare», ha detto il primo cittadino difendendo le logiche del voto capitario e rilevando come l’operazione serva «a rafforzare, nel fare sistema, la struttura economico-finanziaria di Verona». Da parte sua Saviotti non può che essere «soddisfatto» e «orgoglioso» per l’avvicinamento dell’Ente, visto che il Banco con i soldi raccolti nell’aumento punta a rimborsare in anticipo 1,4 miliardi di Tremonti Bond e a portare il Core Tier One all’8,2%. La ricapitalizzazione partirà a fine gennaio e per Saviotti significherà uscire dalla crisi iniziata con la voragine Italease. Il disimpegno da Unicredit sarebbe però l’ultima prova dei malumori di CariVerona affrontati in questi anni dal presidente Dieter Rampl e dagli altri grandi soci come Crt e Carimonte.
E aprirebbe un altro problema dal punto di vista degli equilibri azionari di Unicredit, anche perché le Fondazioni non hanno nascosto che misureranno il vertice sulle trimestrali. Intanto Piazza Cordusio ha venduto per 136 milioni a Poste Italiane il MedioCredito Centrale, che diventerà il fulcro della Banca del Mezzogiorno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.