Da Carmen a Medea, i gioielli della Callas

Mostra di monili in ricordo della «divina». Al vernissage la Simionato

Enrico Groppali

Dalle vetrinette della Sala Verdi del Grand Hotel et de Milan scintillano i monili che la Mcmc e l'Associazione Maria Callas di Venezia hanno dedicato alla memoria della grande cantante in un estremo omaggio alla sua arte e alla sua innata eleganza. Queste «New shapes inspired by a Myth», come recita la didascalia della mostra che resterà aperta un mese intero, non hanno l'ambizione di restituirci la grande assente ma di rifletterne l'ombra testimoniando una volta di più quale magica sorgente d'ispirazione sia tuttora colei che dal sovrintendente Ghiringhelli, in un accesso di furore, fu definita «la tigre» e da Ernest Hemingway, che ne collezionava i dischi, «l'uragano con la voce di paradiso». Una longilinea modella, stretta nello stesso bustino nero dalle bretelle più esili di un filo che la Callas indossava, nel'64, alla Salle Wagram durante la registrazione di Carmen, sfoggia i prediletti orecchini d'onice e d'oro da cui Maria non si separava mai, abbinando i colori prediletti del sole e della luna ogni volta che affrontava un nuovo personaggio. Mentre le perle, che durante le prove tormentava istericamente quando non era soddisfatta di una nota uscitale a tradimento dalla celebre gola, oggi sono esaltate da una serie di magnifici collier dove, incastonate in cerchietti d'oro fino, brillano tormaline e quarzi, acquamarine e cristalli di rocca. Intanto, da un angolo che non riusciamo a localizzare, si sprigiona quella voce che tante, troppe colleghe si sono invano sforzate di emulare copiandone maldestre la tecnica senza curarsi del peso specifico di un'inflessione carezzevole come di un'invettiva bruciante. Da un tavolino intarsiato ammicca finalmente la diva, nel costume di Norma, accanto alla collega Giulietta Simionato che, nella felice occasione di quelle lontane recite parigine, era al suo fianco nelle vesti di Adalgisa. Con la dedica struggente «Alla mia cara e unica Giulietta, con tutta l'anima mia piena di affetto e riconoscenza». Ed ecco all'improvviso, quando si pensava che i giochi fossero ormai cosa fatta, giungere inattesa come una fata benefica proprio lei, Giulietta, l'amica di sempre. Con uno spiritoso cappellone nero in bilico sulla chioma argentea che manda sprazzi color del cielo come una nuvola primaverile («l'ho scelto perché è lo stesso modello che prediligeva Giuseppe Verdi, ed io cosa sarei mai stata senza di lui?»), la Simionato ringrazia tutti coloro che sono intervenuti a festeggiare la sua Maria.
Afferma recisamente che la Callas, appassionata collezionista di splendide gioie, sarebbe stata entusiasta dell'iniziativa. Racconta con humour che, durante l'ultima Medea alla Scala quando stava per intonare l'aria di Neris, l'ancella della protagonista, Maria, immobile ai suoi piedi, le sussurrò: «Stracciali tutti, Giulia, mettili in ginocchio ai tuoi piedi!», incitandola con un'invisibile stretta di mano.

E, al commiato, dopo aver espresso in accenti toccanti la sua nostalgia di ex-cittadina milanese da tempo ospite, tra prati e colline, dell'entroterra romano, accenna «Nel giardin del bello», l'aria famosa del Don Carlo che invita tutti noi a confidare, tra fiori in boccio e sole splendente, nella fine di questo triste inverno.

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