Caro amico ti mangio Le ricette dell’orrore

Gatti in umido, cicogne arrosto, porcospini in salmì. Un libro spiega come cucinare piatti «immorali». Ma l’autore già si scusa

Caro amico ti mangio  Le ricette dell’orrore

Sta per uscire un libro che ha bi­sogno di una solida e corposa «excusatio non petita» (scuse non richieste) in prefazione, prima di addentrarsi nel suo originale con­testo. È raro che lo scrittore presen­ti le sue scuse e qualche parola di doverosa cautela all’inizio del te­sto e non alla fine. Questo significa mettere le mani. E questo risulta un tantino sospetto. Come accade nei film, anche per i libri esistono dei «titoli di coda», nei quali solita­mente compare quel famoso «ogni persona o fatto è puramente immaginario ecc».Qui invece l’au­tore, Tebaldo Lorini, inizia la sua introduzione con questa frase: «Non vorrei proprio iniziare un li­bro con delle scuse ». E infatti snoc­ciola le prime due pagine permea­te del timore di non essere capito, di urtare la sensibilità del lettore, di rappresentare un mondo confi­nato nel passato remoto, che non avrebbe alcun bisogno di essere ri­portato a galla. E giù con altre scu­se (non petite, ma pentite?). Ma che razza di libro è, vi chiederete? Argomenti scabrosi, sesso impu­ro, necrofilia, pedofilia, riti satani­ci, pozioni venefiche per suocere, mogli e mariti non più tollerabili? Macché,peggio ancora.Sono le«ri­cette proibite».

E non vi venga in mente di pensa­re alle cibarie che la storia ( e la fan­tasia) ci hanno consegnato quali potenti afrodisiaci: l’aragosta, le ostriche, il cioccolato, il Parmigia­no Reggiano (magari, visto che son di quelle parti) e così via. Nien­te di tutto questo. Si tratta di gatti in umido, ragù di gazze ghiandaie e corvi,scoiattoli alla brace,cigni al­­l’arancia, rondini in salmì, ghiri al miele e altre leccornie simili. Se, dopo avere letto un indice simile (parziale e citato a braccio), a qual­cuno venisse l’idea di lasciare il li­bro sullo scaffale del venditore, non abbia tutta questa fretta e non si faccia prendere da un eccesso d’ingiustificata sensibilità.Provve­deranno le iniziali pagine, anche troppo numerose, in cui l’autore sente il dovere di spiegarci per qua­le arcano motivo, in occidente non si mangiano il cane e il gatto, men­tre nella più liberale (in senso ga­stronomico) Cina, la filosofia ali­m­entare vuole che si possa e si deb­ba mangiare tutto quello che è vivo e si muove sulla faccia della terra. Non che il Nostro auspichi un fu­turo culinario simile a quello dei cinesi, ma ci mette quasi trenta pagine a cercare di spiegarci perché, tutto sommato, man­giare rosticini di rondine e ci­cogne (rigorosa­mente quando non portano bam­bini) brasate, non sia poi così scanda­loso. La sua convin­zione, nei confron­ti del lettore, do­vrebbe passare at­traverso un excur­sus storico che va da Apicio e Plinio il Vecchio che adora­vano gustare le chiocciole, al Me­dioevo di Guillau­me Tirrel cuoco di Carlo VI, che usava preparare ottime pietanze a base di cigni e aironi, fino ai giorni nostri in cui non v’è certo scandalo se i cinesi spolverano il cor­no di rinoceronti (quasi estinti) sul cervello della scim­mia appena deca­pitata davanti al cliente del ristoran­te. Dimentica il Lo­rini, ed è grave lacuna, di renderci edotti che i romani aggiungevano alle chiocciole organi genitali di lu­pi e cervi, animali ritenuti eccellen­ti nella loro attività sessuale. Nel primo capitolo il Nostro si adden­tra nella spiegazione del famoso adagio «non dire gatto se non è nel sacco».Un suo caro amico gli ha in­­fatti spiegato che non si può am­mazzare un gatto con uno stiletto o un colpo sul collo, perché quello s’incazza e mena unghiate e morsi a tutto spiano vendendo ben care le sue sette vite. Va dunque messo in un sacco e sbattuto (immagino otto volte) contro un muro.

Che c’è, il libro non vi garba già più? E tutte le antiche ricette preziosa­mente raccolte dalla tradizione orale? E i rondinotti al sugo? Co­me? «Du spaghetti ajo, oio e pepe­roncino? » E via su, capisco che son tempi cupi, ma almeno metteteci due palle di lupo al forno.

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