Roma - Mentre infuria la polemica sull’impennata dei prezzi dei carburanti, con un tempismo alle soglie dell’autolesionismo il governo - che già aveva ritoccato (verso l’alto) l’accisa sul gasolio proprio alla vigilia degli aumenti estivi - sembra voler finanziare la riforma della mobilità locale attraverso un altro aumento dell’accisa sempre sul gasolio. Questo almeno sembra essere il progetto del ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi.
Tutto questo, mentre il suo collega, il ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani convoca le maggiori compagnie petrolifere. Bersani per spazzare il campo dalle facili illusioni ha comunque detto che non intende «intervenire sui prezzi» (leggi abbassare) perché «non possiamo», ma semplicemente di voler capire «perché la forbice di prezzi si sta allargando tra Italia e resto d’Europa nel momento in cui tutti usano la macchina per andare in vacanza».
Un’iniziativa quella del ministro, da più parti definita «populista» e inefficace a risolvere in tempi brevi il problema del caro carburanti. A partire dall’imposizione fiscale su benzina e gasolio, che oggi incide per circa il 64 per cento sul prezzo di ogni litro di carburante. Un «carico» dovuto alla somma tra l’accisa (la tassa di produzione) e l’Iva al 20 per cento calcolata però sul totale tra accisa e prezzo industriale. Una questione affrontata dal «pacchetto» sulle liberalizzazioni voluto da Bersani, ma contenuta nel terzo provvedimento ancora fermo in Parlamento. Il tema è la variazione della formula. Con il passaggio da un’accisa di tipo fisso a una di tipo «mobile», in modo da consentire, di fronte a impennate di prezzo di «calmierare» il costo della benzina entro limiti prefissati.
Un provvedimento che da solo rischia di non essere sufficiente ad arginare i rincari, essendo una sorta di «antidolorifico quando invece serve una terapia d’urto» come ricorda Carlo Stagnaro, direttore Energia e ambiente dell’istituto Bruno Leoni. Che giudica la convocazione di Bersani un atto «ridicolo» e ricorda che se è vero che l’imposizione fiscale sui carburanti nel nostro paese non è molto distante dal resto dell’Ue, quello che fa la differenza è «il rapporto tra il reddito pro capite e il costo della benzina, nettamente a sfavore degli italiani che guadagnano meno di quasi tutti gli europei». E a cui si aggiungono le inefficienze della rete di distribuzione, la virtuale assenza di profitti da vendite non oil per i gestori degli impianti, il ruolo marginale della grande distribuzione e la scarsa diffusione del self service. Tutti problemi che richiedono interventi sul lungo periodo mentre nel breve, ricorda Stagnaro, «l’unica cosa che il consiglio dei Ministri potrebbe e dovrebbe fare è convocare se stesso per discutere la riduzione delle accise sui carburanti». Un’idea con cui concorda Stefano Saglia (An), vicepresidente della commissione attività Produttive della Camera, che accusa Bersani di preparare il solito «teatrino estivo» e di «aver dichiarato il falso» perché, ricorda, «la scorsa estate aveva giurato che lo Stato non sarebbe stato più cointeressato ai rialzi del prezzo del greggio».
All’opposto Alfiero Grandi, sottosegretario allo sviluppo Economico, ribadisce che «il prelievo fiscale inteso come accise in Italia è tra le più basse in Europa» accusando i prezzi all’ingrosso «i più cari rispetto alla media Ue». Di parere diverso il radicale Capezzone che invece si scaglia contro il «ruolo devastante della pressione tributaria» e definisce «da vera emergenza» il caro benzina visto che «su 10 euro di carburante, quasi 7 sono di tasse».
E mentre Giampiero Catone (Dca), spera ancora che la convocazione di Bersani sia legata «alla riduzione di accise e iva», l’azzurro Sacconi boccia l’iniziativa del ministro come «vuota demagogia» e lo invita al contrario a «sbloccare i programmi di ampliamento della capacità di raffinazione».
Dopo le critiche dei mesi scorsi al pacchetto liberalizzazioni, a sorpresa arriva invece il plauso della federazione autonoma italiani Benzinai, per cui «Bersani ha fatto benissimo». E getta la croce sulle compagnie petrolifere che «in questo momento potevano proprio evitare di decidere un aumento».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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