Che brutta piega ha preso la crisi nel nostro Paese. I becchini di Fini per portare all’incasso l’eroica impresa di pompe funebri parlano di Exit, usando lo stesso frasario delle agenzie che curano la morte anticipata o eutanasia. La sinistra invoca crolli, alluvioni e disastri per propiziare con un tam tam mediatico e simbolico, la caduta del governo. I facinorosi di piazza organizzano gazzarre in Veneto, in Abruzzo, in Campania, a Roma, sui tappeti rossi, per dimostrare che il Paese caccia a gran voce il governo; e non importa poi che il Paese in questione si riduca a poche centinaia di manifestanti. Per rendere più deprimente il panorama si acuisce lo scontro tra Nord e Sud tra le rovine di Padova e di Pompei, cresce la tentazione separatista e si annunciano pericolose dichiarazioni di autodeterminazione e di secessione fiscale, quando la situazione richiede esattamente il contrario: lo sforzo di un Paese unito, di uno Stato vero, per fronteggiare da Pompei a Padova, da Vicenza a Terzigno, i guai di quest’autunno impietoso. Non c’è una ragione superiore e oggettiva per far cadere anticipatamente il governo. Anzi, ci sono cento priorità e altrettante emergenze che invocano la presenza di un governo in questa delicata fase di vita italiana.E non c’è uno straccio ragionevole di alternativa a questa crisi al buio che si sta aprendo nel nostro Paese. Ci sono buoni motivi per sostenere e per criticare questo governo, ci sono solide ragioni sia per la maggioranza che per l’opposizione. Ma non c’è onestamente nessuna impellenza di correre al buio verso le urne e di lasciare il Paese senza guida. Se fossimo un Paese serio, l’opposizione incalzerebbe il governo sulle cose da fare, e si preparerebbe a presentarsi in modo credibile alla scadenza elettorale del 2013. Lo stesso discorso vale per Fini: se avesse un minimo senso dello Stato e della Nazione, punterebbe sul 2013 e intanto lavorerebbe per la sua ipotesi, senza propiziare catastrofi, ma rispettando il mandato ricevuto dagli elettori. In un Paese serio, si lavorerebbe non per sfasciare il presente ma per costruire il futuro. Da parte sua il premier chiederebbe i voti per portare a compimento il suo programma, e in cambio annuncerebbe ai suoi nuovi e vecchi oppositori che se gli consentono di portare fino in fondo il suo mandato, nel 2013 non si presenterà più come premier. E allora si aprirebbero due o tre ipotesi per lui: ritiro a vita privata, candidatura al Quirinale, presidenza del Popolo delle libertà, lasciando magari a un quarantenne il compito di candidarsi alla guida del Paese. Tutto questo rispetterebbe, insieme al buon senso, tre cose: la priorità assoluta di dare un governo al Paese per fronteggiare la crisi; il rispetto del mandato elettorale ricevuto; la possibilità di tutte le forze in campo di prepararsi adeguatamente alla sfida del 2013, senza Berlusconi. Questo segnerebbe una tregua politica, mediatica e giudiziaria e aprirebbe il Paese al rinnovamento, non allo scannatoio. Sarebbe il segno di un Paese maturo e civile, un Paese veramente libero e democratico che conosce e rispetta la differenza di ruoli tra maggioranza e opposizione, non sparge veleni e tranelli, ma antepone l’interesse nazionale a quelli di parte. Ci vorrebbe un appello nazionale a tutti, rivolto dal capo dello Stato al capo del governo, alla maggioranza, alle opposizioni, alla stampa, ai ma-gistrati, per ritrovare in questo momento il buon senso della concordia. Non ci sono governi alternativi possibili, le urne sono una brutta soluzione che rischia di non risolvere ma solo di avvelenare ancor più il clima. Sento un’aria feroce, e in questi giorni che conduco in Rai Prima pagina , avverto serpeggiare nelle pieghe del Paese segnali preoccupanti, dichiarazioni di odio a priori e di disprezzo verso chi non la pensa come loro. Non esiste per loro un’opinione diversa, non può esistere una valutazione diversa; se non disprezzi Berlusconi, il centrodestra o il Giornale , sei cieco o servo, o non capisci o ti pagano per dire bugie. Tertium non datur . Che pena, che schifo questo razzismo politico e ideologico. La gente è disposta pure a buttare a mare una conquista preziosa e neanche compiutamente realizzata: il premio di maggioranza che consente di governare un Paese con numeri sufficienti (salvo tradimenti del mandato elettorale, come si è visto). È una legge importante, insieme all’indicazione del premier, che crea tutte le condizioni per governi stabili e per alternanze di governo; ma gli inferociti oppositori pur di cacciare Berlusconi sono disposti a ricacciare l’Italia nella Prima Repubblica, nell’ingovernabilità, nei ricatti dei partitini e dei leaderini, nelle crisi ogni nove mesi.
È brutta la piega del Paese e incattivisce gli animi. Diplomazie, sotto con i negoziati. E lei, arbitro supremo, faccia un appello ai giocatori, alle panchine e agli spalti. Se non ci sentono, fischi la fine della partita e buonanotte al secchio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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