Politica

«Caro presidente, mi dia il diritto di morire»

Il parlamentare europeo radicale Cappato: «Serve subito una legge sul testamento biologico»

Manila Alfano

Un ultimo appello. Tutte le forze che gli restano in una videolettera per chiedere al capo dello Stato di poter mettere la parola fine. Piergiorgio Welby, co-presidente dell'Associazione Luca Concioni ha inviato un messaggio a Napolitano per invocare il diritto a morire. Non una morte dignitosa, ma opportuna. «Dignitosa dovrebbe essere la vita, tutti i malati vogliono guarire, non morire. Definire la morte per eutanasia dignitosa è un modo di negare la tragicità del morire».
Welby è affetto da distrofia muscolare progressiva. Non ha speranze né di guarire né di migliorare. «Questo mio grido - dice dal letto in cui è immobilizzato - non è di disperazione ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese». Lo stato d'animo è quello di una persona che si augura solo di non svegliarsi la mattina. «Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso... morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita... è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio... è lì, squadernato davanti ai medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c'è pietà».
Quello di Piergiorgio è un appello che diventa denuncia, è una domanda aperta a tutti sull'opportunità di vivere una vita che si è trasformata in testardo e insensato accanimento nel mantenere attive le funzioni vitali e niente di più. Una vita che si converte in inferno, in una non-vita, dettagli medici e tecnici che scandiscono un'esistenza negata in cui la dignità diventa difficile da mantenere. «Fino a due mesi e mezzo fa, la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l'ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita».
Nella lettera Welby ricorda le parole del Papa sulla inviolabilità della vita umana, dal concepimento fino al suo termine naturale e si chiede: «Ma che cosa c'è di naturale in una sala di rianimazione? Che cosa c'è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c'è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l'aria nei polmoni? Che cosa c'è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l'ausilio di respiratori artificiali? Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine a una sopravvivenza crudelmente biologica io credo che questa sua volontà debba essere rispettata e accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico».
Un grido per avvisare che non c'è più tempo, che c'è bisogno di un dibattito parlamentare su di un tema così delicato eppure tanto urgente. «Subito una legge sul testamento biologico, che trovi maggiori consensi in Parlamento - chiede Marco Cappato, segretario dell'associazione - ma bisogna anche avviare in tempi brevi un dibattito sull'eutanasia, nei confronti della quale si incontrano ancora forti resistenze. Stiamo procedendo con una raccolta di firme alla Camera dei deputati per presentare una proposta di legge, ma i tempi sono lunghi». Nel frattempo che cosa succederà a Piergiorgio? «Sta molto male ed è molto debole, spiega il segretario. In caso di risposta negativa da parte del Presidente si vedrà. Resta la possibilità di varcare il confine svizzero.

Ma questo dipenderà anche dalle sue forze».

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