Caro sottosegretario Roccella, non è reato volere dei figli sani

di Melania Rizzoli*

Gentile sottosegretario Roccella,
leggo con stupore il suo duro giudizio sulla decisione del giudice civile di Salerno, dott. Antonio Scarpa, di aver autorizzato una coppia italiana alla selezione genetica embrionale per fecondare un figlio sano, e le scrivo d’impulso, come medico e come parlamentare della sua maggioranza, per difendere, condividere e sostenere fortemente questa scelta umana, difficile e per me apprezzabile.
Lei parla di «gravissima sentenza», mentre io gioisco per la stessa ed ammiro la mancanza di viltà del giudice civile. Lei aggiunge «così si introduce il principio che la disabilità è un criterio di discriminazione rispetto al diritto di nascere» ed io le rispondo che l’Atrofia Muscolare Spinale di tipo 1, che la coppia lombarda trasmetteva geneticamente con la sua unione, non è una disabilità, ma una gravissima patologia, incompatibile con la vita, che paralizza, lentamente e gradatamente, tutta la muscolatura scheletrica e porta a morte sicura gli sfortunati bambini che riescono a superare i naturali e spontanei tentativi abortivi durante la propria gestazione, e che, appena nati, iniziano a paralizzarsi, già dal primo giorno di vita, per poi morire entro il loro primo anno di età a causa del lento soffocamento.
Cara sottosegretario Roccella, lei ricorda che «l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, cuore della legge 40, è riservato solo alle coppie infertili, per avere le stesse opportunità di chi può procreare naturalmente, e non serve a selezionare un figlio», ed io le rammento che la coppia in questione aveva provato testardamente e diligentemente a non «selezionare un bambino», aveva tentato più volte a «procreare naturalmente», nel pieno rispetto della vostra legge 40, con il gratificante risultato di assistere sconsolata e disperata a quattro lutti, tre aborti a gravidanza avanzata ed un bimbo nato vivo, ma morto asfissiato e soffocato, lentamente, a sette mesi, tutti vissuti non tra sorrisi e carillon, ma tra medici, medicine ed ospedali.
La coppia «fertile» in questione ha quindi deciso di rivolgersi ad un giudice per avere l’autorizzazione a procreare un figlio che viva, magari sano, ma comunque non portatore ed esente da quella patologia che ha stroncato la vita dei precedenti quattro figli.
Avrebbero potuto recarsi all’estero, ma devono aver pensato, loro, a quel giudice italiano che in Italia lo scorso anno ha dato l’autorizzazione all’induzione della morte su una ragazza in coma vegetativo, che pure respirava autonomamente, quindi come non ottenere l’autorizzazione all’induzione alla vita? Alla vita certa, sicura, senza malattia? È forse un reato aprire una breccia nella tanto discussa legge, peraltro già bocciata parzialmente dalla Corte Costituzionale?
È forse un reato desiderare di mettere al mondo dei figli sani, che vivano la vita, e non debbano conoscere solo dolore, sofferenza e malattia? È un reato di noi parlamentari impedire il diritto alla salute ed alla vita. Non si tratta di nessuna selezione genetica, ma di modifica scientifica di errori genetici, di difetti incompatibili con la vita, che è e resta sacra. È come la scoperta di un nuovo farmaco, che elimina e sconfigge una patologia, e a cui dobbiamo essere grati.
Cara sottosegretario, comprendo e capisco il suo ruolo, ma non condivido una sola parola della sue dichiarazioni, anzi auspico, da parlamentare di questa maggioranza, e da medico quale sono, una modifica della legge 40, non per un’apertura alla selezione genetica insensata, ma per l’allargamento della legge anche a quelle coppie «fertili» che sono però portatrici di geni difettosi, di geni che dalla loro unione producono non la vita ma la morte certa nei figli che ne derivano.
Perché oggi che stiamo lottando tutti insieme per sconfiggere il cancro nel mondo, non possiamo considerare anche quelle genetiche ed incompatibili con la vita come «patologie da sconfiggere» ed eliminare? Non è il cancro stesso una patologia genetica? Non stiamo studiando il genoma in proposito? Il nostro compito in Parlamento è quello di aiutare i cittadini nel loro diritto alla salute e alla vita, e di modificare quelle leggi, come la 40 del 2004, per permettere a quei genitori che lo desiderano, di procreare figli sani.
Questo si chiama progresso della scienza, della ricerca e della tecnica, che noi parlamentari dobbiamo incoraggiare e normare, certo, ma senza frenare ed impedire, nella rincorsa di un consenso cattolico che temiamo di perdere! Ma quale uomo di Chiesa auspicherebbe la nascita e la vita infelice di un bambino? Quale Papa non approverebbe la «cura» per eliminare una malattia? Quale Dio assisterebbe inerte alle sofferenze ed alla morte asfissiata di un bambino indifeso? La natura stessa cerca di eliminare con ripetute minacce di aborto quei feti difettati geneticamente, e spesso ci riesce, spegnendo «naturalmente» quelle vite destinate ad una breve ed infelice esistenza.
Cara Sottosegretario Roccella, quel che voglio sottolineare è che la selezione genetica di embrioni sani è equivalente ad una terapia avanzata che impedisce ed elimina una malattia sicuramente mortale.

Non tentiamo noi medici, quotidianamente, di far vivere i nostri pazienti anche a dispetto di gravi malattie, con le più avveniristiche delle terapie? Non garantiamo noi parlamentari una sanità che assicuri salute e dignità ai cittadini? E ai loro figli che dovranno nascere? Ecco, allora, noi parlamentari applichiamoci per evitare di legiferare inutili crudeltà, condannate da tutti gli italiani, e cerchiamo di distinguerci non per impedire qualcosa, ma per fare e dare qualcosa al nostro popolo. Soprattutto se si tratta di dare e di garantire la vita.
*medico e deputato del Pdl

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