Oggi metterà la maglia griffata S.P.Q.R (Senatus PopulusQue Romanus) e non se la toglierà più. L’azzurro è nel cassetto, Totti si sentirà più che mai re di Roma. E reietto d’Italia, a dirla con lui. Quell’idea del «ce l’hanno con me perché sono romano e non vengo dal nord» è stato lo schiaffo da primadonna rifilato a tutti quelli che.... Per una volta Totti ha ripercorso le idee di Capello. Ricordate quando Don Fabio parlava di quel venticello del nord che soffiava contro Roma? Salvo, poi, andare ad infilarsi nella galleria del vento della Juve. Vero? Non vero? Torto? Ragione? A vedere le carriere di Peruzzi, Nesta e qualche altro, tanto per citare, non si direbbe. Pure loro nati a Roma. E che dire di Ciccio Graziani, nato a Subiaco dunque romano e romanista doc. Divenuto, come Totti, campione del mondo con la nazionale. Prendeva bastonate in campo e fuori, giocava, subiva critiche, vinceva, perdeva, non piagnucolava.
Graziani, è vero che la critica stanga solo voi romani e romanisti?
«Ma cosa dite? Critiche per partito preso? Non ci voglio credere. Credo che a Totti vogliano bene tutti: nord, centro e sud, dalle Alpi alla Sicilia».
Lui pensa diversamente...
«Credo che qualunque tifoso di qualunque squadra sarebbe contento di avere Totti con i suoi. Figuriamoci quando si parla di nazionale. Certo, il campanilismo esiste, anche nella stampa. Uno a Torino tifa di più per la Juve. Quelli di Milano per Milan o Inter».
Insomma, Totti ha preso un granchio?
«Io la metterei così: capita che i giornali possano indirizzare l’attenzione verso uno o l’altro. Qualche volta condizionare una scelta. Faccio un esempio: se ai miei tempi c’era da scegliere tra Cabrini e Maldera, qualcuno spingeva di più per Maldera. E magari quel qualcuno era di Milano».
In genere gioca chi vale. A lei è capitato di avere qualche sgarbo?
«Non uno sgarbo, ma... Prima del mondiale in Argentina, mi resi conto che c’era chi spingeva più per Rossi che per Graziani. Eppure avevo giocato un campionato decente. Questi sono i casi in cui ci possono essere condizionamenti o sponsorizzazioni».
Un giorno Capello disse che contro Roma soffiava il venticello del nord...
«Bisogna essere realisti: il giornale sportivo più importante è al nord, le squadre più forti sono al nord, è normale una presa di potere in tutti i sensi. Basta non arrivare agli eccessi» .
Lei ha giocato a Torino, Firenze e Roma, dove ha trovato l’atmosfera più trascinante?
«A Torino il pubblico era fantastico. A Firenze partecipe. Ma a Roma c’erano già 50mila persone nello stadio due ore prima dell’inizio. La passione si sente».
E dove ha ricevuto le critiche peggiori?
«Forse a Torino, cioè al nord: ho vissuto grandi anni, la gente era ben abituata. Quando la squadra ha cominciato a scricchiolare, sono mancati i mezzi, sono arrivate le critiche».
Non crede, invece, che la gente, nord o sud che sia, possa aver ragione di criticare Totti per questo addio alla nazionale?
«Da tifoso mi spiace che abbia mollato. Totti regala alla squadra una maggior competitività, anche se i giocatori di valore non mancano. Non dimentichiamo che, ai mondiali, Del Piero è stato in panchina. L’altra ragione riguarda il Pallone d’Oro: con l’Italia poteva ancora vincerlo. Avrebbe avuto due-tre anni a disposizione. Nella Roma è molto più difficile, ha poca vetrina, salvo non vinca la Champions League».
Graziani, anche lei ha vinto il mondiale. Avrebbe lasciato la squadra l’anno dopo?
«In assoluto non l’avrei lasciata mai. Ci sono stato per 9 anni e ogni volta ero strafelice, orgoglioso di indossare la maglia. Senza dimenticare l’interesse economico. Noi ogni anno ridiscutevamo il contratto. Giocare in azzurro ti valeva 30-40 milioni in più».
Utile e dilettevole...
«Guardi, ho giocato 64 partite in nazionale e ogni volta che sentivo l’inno mi emozionavo. Quando non lo senti più, ti viene un tuffo al cuore: capisci d’aver chiuso una parte della tua vita calcistica».
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