Carosello, vent’anni di storia televisiva in una notte

Nella notte dei tempi i bambini andavano a letto dopo Carosello. L’invito a far ritirare la prole, in un’ora decente per gustarsi l’intimità, scattava alla fine di questa irripetibile meraviglia televisiva, poco dopo le nove di sera. Tragedia? Macché, ci si coricava soddisfatti dopo essere stati ammaliati dall’arte della pubblicità. Due minuti per reclamizzare, ma neanche tanto, dentifrici, brandy, formaggini, canottiere. Tempi andati per sempre, ora che nove spot (italiani) su dieci puzzano di plastica bruciata e parlano solo di auto, ecoincentivi o tariffe telefoniche. Una tortura cinese. Per risollevare il morale ai nostalgici e mandare un messaggio ai creativi che tanto creativi non sono, c’è la serata celebrativa di domani sera all’Adriano per i 50 anni del programma televisivo più importante. Fama testimoniata dalle tante pubblicazioni e dai siti dedicati (tra questi mondocarosello.com e animamia.net). I filmati, a ciclo continuo, saranno riproposti dalle 22 alle 6 al cinema Adriano con ingresso gratuito. Poi tutti a nanna.
Facile spiegare Carosello, un marchio nelle storia italiana del costume che ha diffuso prodotti e abitudini e ha contribuito anche dal punto di vista linguistico a unire un’Italia ancora molto divisa.
La storica trasmissione nasce il 3 febbraio 1957 alle 20,50 sull’unico canale disponibile, Rai 1, con circa un mese di ritardo sulla data stabilita per la messa in onda, e termina nel 1977. Nei suoi 20 di vita ha diffuso marchi e creato personaggi, macchiette, modi di dire che sono sopravvissuti a lungo. Ogni scenetta doveva essere approvata da una speciale commissione della Sacis che imponeva che su 2 minuti e 15 secondi di ogni Carosello la réclame del prodotto durasse al massimo 35 secondi. La sigla viene ideata da Luciano Emmer mentre il teatrino, probabilmente disegnato su un bozzetto di Gianni Polidori, è costruito sul modello di quelli napoletani. La musica di Raffaele Gervasio riadattava una vecchia melodia popolare napoletana. Carosello diviene il breve il programma più seguito della televisione di Stato, una trasmissione che fu per molti giovani alle prime armi una grande nave scuola per imparare il mestiere. Nel 1963 la vecchia sigla viene cambiata con disegni di Manfredo Manfredi. Nel 1971 Carosello diventa sempre più corto: nel 1974 ogni scenetta dura un minuto e 40 secondi. Il primo gennaio 1976 va in onda l’ultima trasmissione: una tragedia: Raffaella Carrà recita l’addio al programma brindando con Stock. Ufficialmente, la decisione di sospendere il programma è della Commissione parlamentare di vigilanza della Rai, che tende a ridurre la pubblicità ai vari prodotti nelle ore di maggior ascolto. Pensate un po’.
Durante i 20 anni in cui è andato in onda, Carosello ha coinvolto tutto il mondo del cinema e dello spettacolo italiano. Da Giorgio Albertazzi ad Alberto Lionello, da Pippo Franco a Gianfranco D’Angelo, da Mario Soldati a Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Ma ci sono anche i nomi della commedia: Aldo Fabrizi, Totò, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi. E attori ancora bambini come Diego Abatantuono. Indimenticabile anche la grande produzione di cartoni che caratterizzò Carosello. I primi sono del 1958: Angelino per il detersivo Supertrim della Agip e l’Omino coi baffi per la caffettiera Bialetti. Poi nascono i pupazzi animati. Comincia Topo Gigio, che esordisce nel 1961 per i Pavesini.

Il 1965 è l’anno di Carmencita e il Caballero, pupazzi creati da Testa per il caffè Lavazza. Infine arriva Calimero, pulcino creato dai fratelli Pagot per il detersivo Mira Lanza e ancora l’ippopotamo Pippo, Jo Condor, il Gigante buono e molti altri. Ragazzi che nostalgia.

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