da Agrigento
Travolti dall'onda assassina. In mezzo al mare. Mentre navigavano su un guscio di vetroresina alla disperata ricerca della terra promessa. Tre, cinque, poi dieci, alla fine tredici. È il bilancio dell'ultimo viaggio della speranza finito in tragedia dall'Africa verso le coste siciliane. I corpi recuperati sono per la maggior parte di immigrati somali, ma tra loro potrebbero esserci anche dei senegalesi, forse annegati durante un altro viaggio e recuperati nel mare sotto Lampedusa: tre cadaveri, infatti, sono in avanzato stato di decomposizione.
Lennesimo naufragio dei disperati è avvenuto nel tardo pomeriggio di giovedì, ad un centinaio di miglia a nord dalle coste libiche. Sotto gli occhi dei marinai del motopesca «Ariete» della flotta di Mazara del Vallo. Gaspare Marrone è il comandante che si trovava in coperta quando, uno ad uno, le onde altissime hanno inghiottito gli extracomunitari con il salvagente. Racconta: «Li abbiamo avvistati a 55 miglia a nord delle coste libiche. Erano una trentina su una barchetta in vetroresina che arrancava a causa del mare grosso e del vento forte. Non appena ci hanno visto si sono diretti subito verso di noi, ma quando erano ormai a pochi metri un'onda assassina li ha travolti e sono finiti tutti in acqua». Ventisette - tra loro sette donne - sono riusciti a salire a bordo dell'«Ariete». Altri cinque immigrati, invece, non ce l'hanno fatta: i loro corpi sono stati recuperati ieri mattina dalla nave Sirio della Marina militare. Nel pomeriggio la conta dei somali annegati è salita a 13. Drammatiche le scene cui hanno assistito i marinai dell'Ariete. «Urlavano e chiedevano disperatamente aiuto racconta ancora il capitano ma le nostre manovre erano rese difficoltose dalle grande gabbia per l'allevamento dei tonni che stavamo trainando. Così ho deciso di mollare la gabbia e di soccorrerli: 27 siamo riusciti a issarli a bordo, altri li abbiamo visti annegare davanti ai nostri occhi. È stato terribile...».
Ultimate le operazioni di salvataggio la nave Sirio, con il suo carico di sopravvissuti e di morti, ha fatto rotta verso Porto Empedocle, mentre il comandante Marrone e i sei uomini del suo equipaggio hanno ripreso la loro pesca in mare a caccia di tonni. Le scene alle quali hanno assistito sono oramai un'abitudine. I marinai dell'Ariete non sono nuovi a questo tipo di interventi di soccorso: il 28 novembre dell'anno scorso riuscirono a trarre in salvo altri 54 immigrati, tra cui sette donne e un neonato di pochi mesi, che erano naufragati a trenta miglia da Lampedusa. Fu allora che un marinaio tunisino si gettò tra le onde per aiutare le persone che non sapevano nuotare e, grazie al suo coraggio il bilancio fu di una sola vittima.
Apprezzamento per l'equipaggio dell'«Ariete», ma anche per la marina italiana è stato espresso da Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati politici. «Se il bilancio di questa ennesima tragedia del mare ha spiegato la Boldrini - non è stato più alto è solo grazie al coraggio di tanti marinai, dagli equipaggi dei pescherecci a quelli della Marina militare e della Guardia costiera, che non esitano a intervenire per prestare soccorso anche di fronte a un naufragio avvenuto a grande distanza dalle coste italiane».
Neanche il tempo di archiviare l'ennesima tragedia del mare, che ieri pomeriggio un gommone di sette metri con 40 clandestini a bordo è stato intercettato e soccorso da una motovedetta della Guardia costiera a 33 miglia a sud di Lampedusa.
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