Il tesoro non è gelosamente custodito in un vecchio baule di legno sepolto sotto la «x». E per trovarlo non servono né mappe né avventurieri. Basta avere pazienza, e rovistare fra le vecchie carte di famiglia. Magari nel cassetto del comò. Perché è proprio così che centinaia di italiani sono diventati milionari. Milionari potenziali, per il momento. In attesa che un’udienza fissata per il 21 dicembre al tribunale di Roma non riconosca loro il diritto di trasformare il vecchio libretto di risparmio aperto dal nonno 60 anni prima in banconote nuove di zecca.
Sono proprio i libretti postali, i certificati di credito e i buoni postali i tesori nascosti nelle nostre case. Nella maggior parte dei casi sono stati aperti da nonni o zii che, per assicurare un po’ di tranquillità ai loro cari, hanno depositato una parte dei propri risparmi: cifre comprese fra 500 e 7mila lire. Con il passare degli anni, però, i libretti sono stati dimenticati persino dai propri titolari. Sono finiti in fondo a un cassetto insieme a cumuli di carte ingiallite. Per essere scoperti mezzo secolo dopo dagli eredi, che a conti fatti si ritrovano fra le mani cifre comprese fra 300mila e due milioni di euro.
Negli ultimi mesi i ritrovamenti si sono moltiplicati, così come i «no» da parte della Banca d’Italia, che si rifiuta di pagare il capitale con gli interessi. I libretti - scandiscono ogni volta allo sportello - scadono dopo 30 anni, ai quali devono essere aggiunti altri 10 di prescrizione. Tradotto: dopo 40 anni non valgono più nulla. Per questo centinaia di persone si sono rivolte agli avvocati, riunendosi in una class action dal nome evocativo: «Libretti antichi». Il 21 dicembre ci sarà la prima udienza al tribunale di Roma.
«Non sappiamo come andrà - spiega l’avvocato titolare della causa, Anna Orecchioni -, ma ci sono basi solide che ci fanno sperare per il meglio. La prescrizione di un diritto decorre, infatti, dal momento in cui il titolare è in grado di esercitarlo. In questo caso, si tratta di persone che hanno scoperto i libretti pochissimi mesi fa. Quindi riteniamo che debbano recuperare i loro soldi».
Alla causa di gruppo partecipano circa 300 persone. Molte altre hanno scelto di correre da sole. «Tutti hanno scoperto per puro caso, nell’abitazione di parenti ormai defunti, questi risparmi - prosegue il legale -. Si tratta di somme relativamente piccole, che però calcolando almeno 50 anni di interessi, rivalutazione e capitalizzazione hanno raggiunto cifre in certi casi milionarie».
È il caso di un 58enne di Barisciano, in provincia de L’Aquila. Lui, unico erede di una zia materna, ha scoperto per caso alcuni buoni postali che giacevano alle Poste dal 1954. Il valore nominale è 150mila lire, quello reale - oggi - è circa due milioni di euro. C’è poi un signore di Belvedere Marittimo (Cosenza). Si chiama Francesco Carrozzino e pochi mesi fa nel cassetto di un comò a casa del nonno ormai scomparso ha trovato un buono postale da 500mila lire aperto nel 1973 che oggi vale 500mila euro. Sempre in Calabria, a Catanzaro, Francesco Canino ha ritrovato un libretto di risparmio postale con un deposito, fatto nel lontano 1946, di 500 lire. Adesso vale 300mila euro.
Mentre, ancora nella stessa regione, Severino Settimio ha recuperato un buono fruttifero sul quale erano state depositate diecimila lire. Il libretto è stato aperto nel 1957, per questo adesso vale non meno di 800mila euro. Infine a Foggia una donna ha ritrovato a casa di suo padre un libretto a lei intestato da 5mila lire.
Valore attuale dopo 48 anni: 800mila euro. «I casi come questi sono centinaia - conclude l’avvocato -. Si tratta di una causa unica nel suo genere in Italia. Se dovessimo vincerla si aprirebbe un precedente importante in questa materia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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