Enrico Lagattolla
Liberi tutti. «I compagni e le compagne da due mesi a San Vittore vanno immediatamente scarcerati». Francesco Caruso, dal palazzo di Montecitorio a quello di Giustizia, torna sui fatti dell11 marzo. I 27 autonomi rinchiusi a San Vittore che hanno messo a ferro e fuoco corso Buenos Aires «devono essere al più presto rimessi in libertà». Parola del deputato di Rifondazione comunista, tra politica e movimenti antagonisti. Prima di lui, altri esponenti del Prc milanese, alleato forte dellUnione, avevano firmato petizioni per la scarcerazione degli arrestati. Francesco Caruso - assieme a Don Vitaliano della Sala - ci mette la faccia. Con qualche equilibrismo di troppo.
Sala stampa del tribunale, dopo una mattinata a San Vittore. «Li ho incontrati - racconta Caruso -. Mi hanno detto di non aver preso parte agli scontri. La situazione è sfuggita di mano, ma ora è importante che non vengano lasciati soli». Però Milano, quell11 marzo, è rimasta ferita. «Bruciare le macchine non è democratico», e fin qui tutto bene. Ma «io non sono il portavoce del movimento, né il giudice, né il mandante». Quindi, «io credo che la discussione, lautocritica o la critica su quello che è successo l11 marzo debba essere affrontato nellambito del movimento. Altrimenti, mi sembrerebbe quasi di scavalcarli». Il tempo delle responsabilità è rimandato, ancora. Perché «questo è un tentativo di dividere tra buoni e cattivi, e io non voglio prestare il fianco a questo tentativo». Prima di tutto, «poniamo la questione dei 27 arrestati».
Eppure, della guerriglia urbana scatenata dagli antagonisti l11 marzo qualcuno dovrebbe rispondere e il «rifondatore» Caruso non ha dubbi: «Le responsabilità sono del Prefetto, che ha autorizzato il corteo della Fiamma Tricolore e di tutte le forze politiche, anche di sinistra, che li hanno lasciati soli». Gli autonomi detenuti a San Vittore sono «vittime di una strumentalizzazione politica che è stata fatta contro i movimenti», sono «ostaggi di una campagna di demonizzazione mediatica» e, ovviamente per lui, «di unazione deplorevole dei magistrati che usano la carcerazione preventiva» per spedirli in quelle «discariche sociali che sono le galere».
«Fa un certo effetto - prosegue - incontrare questi compagni e queste compagne che stanno subendo uningiustizia evidente. Li hanno dipinti come mostri, ma sono persone sulle quali non esiste alcuna accusa specifica se non quella di aver partecipato a una manifestazione antifascista». In verità laccusa esiste, ed è pesante: devastazione. Ma per Caruso non è sufficiente. «Bisogna ragionare su come modificare listituto della carcerazione preventiva di cui spesso si abusa». Quindi, «amnistia», anche per i devastaori rossi. «Non si deve transigere.
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