«Ma che so' tutte 'ste canne?» chiede Monica Vitti alias Adelaide Ciafrocchi. «Nun so canne, è na precisa caratterizzazione geometrica, così m'ha detto l'architetto» risponde Amleto De Meo interpretato da Hércules Cortés. Siamo dentro a Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) di Ettore Scola che, genialmente, in un battuta scritta con i sodali Age e Scarpelli, spiega il gioiello architettonico di Casa Papanice a Roma progettato a fine anni '60 dall'architetto Paolo Portoghesi scomparso recentemente. Realizzata in collaborazione con l'ingegnere Vittorio Gigliotti, la residenza nasce per volontà dell'imprenditore pugliese Pasquale Papanice il cui nipote, Edmondo, ne custodisce la memoria e la bellezza come scrive nella dedica del volume che ha appena pubblicato Casa Papanice (acquistabile su www.casapapanice.com). La sua è una battaglia «per il ripristino immediato dell'architettura originaria e l'apposizione del vincolo intrapresa dal 2018». Una battaglia personale che dovrebbe essere istituzionale magari diventando «anche simbolo della rivincita di tutte le grandi opere del Novecento ingiustamente trascurate e private della loro dignità artistica e culturale». La lista di queste opere architettoniche sarebbe lunghissima e non toccherebbe solo la Capitale dove però lo sfregio decennale di uno dei massimi capolavori mondiali del razionalismo, la cosiddetta Casa delle armi al Foro Italico di Luigi Moretti, non fa ben sperare.
Ma torniamo a Casa Papanice voluta dal ricco imprenditore Pasquale Panice che da Taranto, dove costruì un impero prima con un pastificio e poi con l'edilizia, si trasferì nell'amata Roma. Comprò in via Marchi una villa ottocentesca in rovina e affidò i lavori allo studio dove lavorava Paolo Portoghesi. Il resto è storia dell'architettura ma anche storia del cinema. Perché il «ma che so' tutte 'ste canne» di Monica Vitti rifletteva gli sguardi increduli dei passanti di fronte agli arditi parapetti dei balconi realizzati con canne d'organo in metallo. Con un suggestivo andamento musicale rivolto al cielo che conquistò Ettore Scola che volle girare le sequenze in cui Monica Vitti conosceva la famiglia di Amleto, promesso sposo per convenienza a fronte del ménage à trois con i personaggi di Mastroianni e Giannini. La cosa interessante di queste scene sono gli esterni ma anche gli interni con gli elementi di design, come il telefono Grillo disegnato da Zanuso e Sapper, che ben raccontavano il coevo boom economico.
L'anno successivo Sergio Martino decide di girare a Casa Papanice Lo strano vizio della signora Wardh con Edwige Fenech. «Dalla commedia al giallo annota Edmondo Papanice ancora una volta l'edificio si presta al grande cinema».
Gli interni di Casa Papanice, veramente originali, diventano quasi i protagonisti di questo thriller con sfumature erotiche come ha ricordato lo stesso regista: «Quelle mura con disegni un po' particolari lo rendevano in un certo senso onirico».
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