Politica

Casa Scajola ristrutturata dal fratello di Anemone

Gian Marco Chiocci

Massimo Malpica

Ancora Claudio Scajola, ancora la casa romana di via del Fagutale. La procura di Perugia avrebbe ricostruito passo passo i lavori di ristrutturazione dell’appartamento dell’ex ministro, effettuati da imprese riferibili al gruppo Anemone. I lavori di ristrutturazione di casa Scajola servirono a realizzare due nuove stanze e due nuovi bagni. Sarebbero cominciati a settembre del 2004, e direttore dei lavori era l’architetto di fiducia di Anemone, Angelo Zampolini. Mentre l’impresa che li ha eseguiti è la Amp di Settebagni, il cui titolare è Daniele Anemone, fratello di Diego. Il valore della ristrutturazione non dovrebbe essere inferiore a un centinaio di migliaia di euro.
E il punto è proprio questo. Analizzando la contabilità di quelle imprese, gli inquirenti avrebbero accertato che non risulta mai pervenuto alcun pagamento da parte dell’ex ministro alle imprese del gruppo. Secondo gli inquirenti, insomma, non solo la casa con vista Colosseo sarebbe stata acquistata dal politico con un congruo contributo (900mila euro) ricevuto dall’imprenditore Diego Anemone. Ma anche i lavori per rimettere a nuovo l’appartamento sarebbero dunque un «omaggio», fatto dall’imprenditore al politico di Imperia, secondo quanto riscontrato incrociando i dati del catasto con la mole di documentazione sequestrata alle società e al commercialista di Anemone, Stefano Gazzani, considerato uno dei riciclatori della «cricca».
La storia della compravendita dell’appartamento romano di Claudio Scajola, vicenda che ha portato alle dimissioni del ministro il 4 maggio scorso, comincia a luglio del 2004. Quando nello studio del notaio Gianluca Napoleone viene firmato il rogito. Non è un contratto come un altro. Le venditrici, le sorelle Barbara e Beatrice Papa, vengono infatti pagate per 900mila euro con assegni circolari, emessi da Angelo Zampolini, architetto legato a Diego Anemone. La finanza nel 2008 avvia anche un’indagine, e interroga Zampolini per chiedergli conto di quelle cospicue somme in contanti versate in banca per ottenere gli assegni. Ma di fronte alle risposte omissive del professionista, invece di approfondire la vicenda tutto sembra finire nel cassetto. Anche la lista Anemone, quella ritrovata durante un accertamento fiscale nel pc del fratello di Diego Anemone, Daniele, in una delle sedi del Gruppo. Solo dopo gli arresti per l’inchiesta fiorentina su G8 e grandi opere, gli inquirenti rimettono mano a quelle operazioni sospette. E arrivano agli inquilini eccellenti che hanno comprato casa anche grazie agli assegni di Zampolini. Scajola nega, poi dopo una settimana convoca una conferenza stampa e, dopo aver detto di non poter continuare il suo lavoro nell’esecutivo con il sospetto che qualcun altro abbia pagato casa sua, annuncia le dimissioni dal governo.
Subito dopo salta fuori proprio la lista Anemone. Un lungo elenco di indirizzi e nomi annotati dall’imprenditore. Un libro mastro, apparentemente, che riporta lavori e ristrutturazioni effettuate dalle società del gruppo. E su quella lista c’è anche l’indirizzo di casa Scajola. La guardia di finanza di Roma, su delega dei pm perugini Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, si mette all’opera, cercando riscontri e fatture per tutti i lavori della lista. L’obiettivo è capire quali siano stati regolarmente pagati, e quali invece no. Rientrando, in quest’ultimo caso, nel lungo elenco di «benefit» che Anemone doveva garantire alla «cricca» di funzionari e politici per poter mantenere il ruolo di costruttore «dominus». Essere in cima alla lista quando si trattava di assegnare gli appalti per le grandi opere, insomma, aveva un prezzo. Piuttosto elevato, secondo gli investigatori: case regalate o «scontate», automobili e telefonini messi a disposizione, personale domestico, lavori di falegnameria, ristrutturazioni immobiliari, persino personale domestico. Un elenco talmente lungo, e oneroso, da far ipotizzare agli inquirenti un possibile ruolo diverso per Anemone. Concusso, e non corruttore.

Costretto a quelle «attenzioni» per poter lavorare.

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