In "A casa tutti bene" Gabriele Muccino racconta il lato infernale della famiglia

Il regista: "Narro il mondo per come lo vedo e come l'ho vissuto per svelare i risvolti più oscuri dell'animo umano in questo tempo tragico"

In "A casa tutti bene" Gabriele Muccino racconta il lato infernale della famiglia

«Il mio riferimento è Shining. L'ho visto decine di volte quando avevo 12 anni, è il punto di non ritorno della mia cinematografia insieme a Ladri di biciclette e Otto e mezzo. In fondo racconta di una famiglia disfunzionale da cui uno esce matto e vuol fare una strage. Ecco, c'era qualcosa che mi parlava della famiglia molto prima che la mia vita stessa ne parlasse a me».

Scherza - ma mica tanto - Gabriele Muccino quando cerca di spiegare se il racconto delle famiglie infernali nei suoi film è anche una specie di catarsi della propria esistenza. Il riferimento è ovviamente a tutte le vicende legate ai problemi, anche giudiziali, con la prima moglie, alla rottura con il fratello Silvio e alle tante polemiche che hanno accompagnato carriera e vita.

Il regista ne parla alla presentazione della seconda stagione di A casa tutti bene, la serie Sky disponibile da oggi, anche su Now. La prima puntata riparte proprio dal punto in cui l'avevamo lasciata nell'ultimo episodio quando la famiglia Ristuccia scopre il grande segreto della matriarca (interpretata da Laura Morante), l'uccisione dell'amante del marito e il cadavere nascosto per anni nel giardino della villa al mare. In questa seconda stagione, dunque, l'elemento crime diventa ancor più importante unendosi all'indagine dell'animo umano e all'analisi delle relazioni familiari. E portando tutto alle estreme conseguenze, a un vortice di fatti, emozioni, situazioni da cardiopalma, tanto che a ogni scena pare che a qualcuno dei protagonisti - i fratelli Ristuccia: Carlo/(Francesco Scianna), Sara (Silvia D'Amico) e Paolo (Simone Liberati) - venga un collasso.

«Il mio scopo, fin da quando ero bambino e ho deciso di fare il regista per superare il problema della balbuzie, è di raccontare il mondo per come lo vedo io - continua a spiegare il regista - E più sperimenti il caos nella tua vita più sei creativo, capace di raccontare meglio l'animo umano, perché hai avuto modo di conoscerlo anche nelle pieghe più nascoste, e hai avuto esperienza di cose che non ti aspettavi o non avresti voluto conoscere».

Ma alla fine, secondo Muccino, esistono le famiglie felici? No - è la sua risposta - esistono le famiglie reali. «Mi piace credere - dice - che l'amore sia il tessuto connettivo della famiglia, un amore talmente grande, ancestrale, basato sul sangue, tribale di cui non possiamo fare a meno, anche quando diventa un inferno e vorremmo allontanarcene». E allora cosa consiglia ai suoi tre figli, di starne lontani? «No, ma di mettere a fuoco quei quattro punti cardinali che ti permettono di scegliere una persona che magari non ti fa impazzire».

Quello che preme al regista in questa serie è anche scandagliare l'animo umano di fronte a situazioni estreme, alla scelta: «fly or fight», fuggi o combatti. «Ho sentito la necessità di raccontare il lato più oscuro dell'animo umano fino a un punto di non ritorno». È un intreccio che lega cinema, vita privata e società attuale e che si trasforma in serialità, anche in maniera inconsapevole. «Ci sono i demoni dei padri che ricadono sui figli, ci sono colpe che non riescono a essere elaborate. Tutto ciò fa parte della tragedia greca e di quella narrazione biblica che è la storia dell'uomo e che è sempre stata raccontata dalla letteratura e dal cinema. In questo l'uomo non ha mai fatto passi evolutivi, ha continuato a fare lo stesso tipo di guerra per il possesso, per la prevaricazione, la sopraffazione». Ma il mondo di oggi ci appare devastante perché, dopo cinquant'anni anni di pace, abbiamo avuto il terrorismo, la pandemia, poi la guerra e ne subiamo un'altra globale che è quella dei social e dell'intelligenza artificiale che non sappiamo dove ci porterà.

«La percezione è che stiamo vivendo un tempo tragico e di questo è indice soprattutto il disagio dei più giovani, tra cui c'è un alto tasso di suicidi». Dunque, predisponetevi con questa visione pessimista del regista a essere inquietati dalla serie, perché comunque ne vale certamente la pena.

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