Casalinghe, mamme e «narcononni» Ecco chi sono i nuovi contrabbandieri

Dal pensionato fermato a Trieste con l’eroina nascosta nella panciera, alla madre con la cocaina nel pannolino del figlio

Eleonora Barbieri

I contrabbandieri hanno molta fantasia, i doganieri spesso ne hanno di più. È il vecchio gioco delle guardie e dei ladri, che non tramonta mai. Cambia la tecnica, ma la storia è la stessa. Uno cerca di fregarti, l’altro vigila. Uno ha paura, l’altro è sospettoso. È un gioco di mestiere e psicologia. Basta un tic, una mano passata nei capelli, la testa che si volta a sbirciare alle proprie spalle. L'incertezza trapela in un gesto, e il contrabbandiere si è già tradito. Anni e anni di spola da una parte all'altra del globo, o anche solo viaggi di pochi chilometri oltrefrontiera, hanno reso i trafficanti sempre più creativi. «Si sono industrializzati - racconta Francesco Napoletano dell'Agenzia delle dogane di Roma - e la fantasia ora si scatena soprattutto nell'escogitare coperture per i container».
Il contrabbandiere è, molto spesso, una persona normale: la mamma col bimbo e la cocaina nel pannolino, il signore distinto che ha ingoiato decine di ovuli di stupefacenti. È successo alla fine di ottobre, a Chiasso: un cinquantenne di Grosseto aveva ingerito novantuno capsule, in tutto 300 grammi fra coca, hashish e marijuana e 47 pasticche di ecstasy. Ha passato due giorni in ospedale per riuscire a eliminare tutto.
Persone di una certa età, dall'aria rispettabile e rassicurante: l’ultima tendenza nel mondo del contrabbando è quella dei «narcononni». Come quel 70enne italiano che, all'aeroporto di Torino, nel settembre scorso è stato beccato con tre chili di coca, distribuita fra il computer portatile e un triciclo giocattolo in legno. O come quel sessantenne albanese che ha cercato di oltrepassare la dogana triestina con due pani di eroina nascosti nella panciera. Qualunque trucco pur di passare inosservati. Il giovane diplomatico albanese che trasporta nella valigetta quattro chili di cocaina pura; l'eroina nascosta tra fogli di carta carbone, per confondere l'olfatto dei cani (idea di un'australiana che, però, di fronte agli agenti ha tradito qualche emozione di troppo). Nascondiglio è sinonimo di inventiva: un magnum di Merlot '96 (utilizzato da un ragazzo italiano per trasportare dieci chili di coca), parabordi per le imbarcazioni (copyright di due messicani per camuffare 180 kg di polvere bianca), barattoli di piselli e macedonia, bustine di the, persino tessuti imbevuti di sostanze stupefacenti, essiccati e infilati fra le patate (elaborato sistema che non è servito a un venezuelano e un ghanese a uscire dall'aeroporto di Malpensa con 17 chili di cocaina).
Il sequestro più impressionante al porto di Livorno a metà settembre: 700 kg di cocaina purissima (pari a 80 milioni di euro), rintracciata in un container fra pelli fresche di bovino. I container sono il mezzo preferito da chi contrabbanda merce contraffatta: sigarette soprattutto ma, anche, scarpe, borse e vestiti made in China ed etichettati con grandi marchi italiani, fino ai giocattoli fuori norma e ai medicinali, pericolosissimi.

Spesso i prodotti sono falsificati così bene, che è necessario chiamare un esperto della ditta interessata, per ottenere una dichiarazione di autenticità. «I nostri scanner sono così potenti che possiamo scoprire una moneta nascosta fra lastre di marmo. Per questo - spiega Napoletano - l'Italia sequestra il 25 per cento delle merci di tutta l'Unione europea».

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