Case ai rom, bocciato il Comune I giudici rifanno le graduatorie

«Ormai è chiaro, anche le graduatorie per l’assegnazione delle case popolari adesso le fanno i giudici». Romano La Russa coordinatore provinciale del Pdl e assessore regionale alla Sicurezza, commenta così la decisione del tribunale civile che ha dato nuovamente ragione ai rom, imponendo al Comune di consegnare loro le case popolari in cambio dell’abbandono del campo di via Triboniano. Sorpassando di fatto (e per sentenza) la graduatoria dei 20mila milanesi da anni in attesa di un alloggio. Ieri l’ultimo colpo di mano dei magistrati che definendo «discriminatorio e razzista» il loro comportamento, hanno respinto il ricorso presentato da Palazzo Marino, dal ministero dell’Interno e dalla Prefettura in merito all’assegnazione delle case popolari a dieci famiglie nomadi. L’amministrazione comunale si era opposta all’ordinanza di primo grado che lo scorso dicembre aveva riconosciuto ai rom il diritto alle case che erano state loro prima assegnate, sulla base di una convenzione, e poi negate dopo le proteste dei consiglieri del centrodestra. Nel respingere il ricorso, i giudici della prima sezione civile spiegano che «la scelta di rivedere le assegnazioni degli alloggi già destinati» alle famiglie nomadi ha connotati «evidentemente discriminatori in quanto risulta fondata esclusivamente su ragioni etniche».
Una vicenda, quella giudiziaria, cominciata lo scorso 20 dicembre quando il giudice monocratico del Tribunale civile aveva dato ragione ai rom, assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, definendo «discriminatorio» il comportamento dell’amministrazione comunale, della Prefettura e del ministero dell’Interno. Le istituzioni, secondo l’ordinanza, non avevano dato seguito alla convenzione stipulata nel maggio 2010 tra la Prefettura, il Comune e alcune onlus, tra cui la Casa della Carità, con la quale era stato deciso un piano per l’inserimento abitativo dei rom sgomberati dal campo di via Triboniano. Dopo l’ordinanza del giudice, nei primi giorni di gennaio le famiglie rom erano entrate nelle case popolari. Nel reclamo contro l’ordinanza, gli avvocati del Comune hanno sostenuto che non è l’amministrazione che deve assegnare le case, che sono invece oggetto di contratti di locazione tra l’Aler (azienda che si occupa di edilizia popolare) e la Casa della Carità. Per i giudici «le dichiarazioni» del ministro dell’Interno Roberto Maroni, del sindaco Letizia Moratti e del Prefetto Gian Valerio Lombardi «accompagnate dall’atteggiamento omissivo del Comune» hanno «inciso immediatamente» sulla mancata assegnazione degli alloggi. «I giudici - commenta soddisfatto l’avvocato Guariso - hanno riconosciuto che il tentativo del Comune di cambiare le carte in tavola era infondato. Non è pensabile, come scrive il tribunale, che dopo aver prodotto questa pressione mediatica, con dichiarazioni volte ad impedire l’assegnazione delle case, il Comune pretendesse, solo in secondo grado, di sostenere che non era successo nulla e che le case erano assegnate alla Casa della carità a cui spettava occuparsene».

Mentre don Colmegna assicura di non aver «mai voluto alzare la polemica, quindi riprendiamo con maggior lena il piano di collaborazione per cercare di chiudere il campo nomadi in modo positivo». Il leghista Davide Boni, invece, attacca i magistrati e giudica questo «l’ennesimo esempio di come le decisioni delle istituzioni possano essere sovvertite senza porsi troppi dubbi o problemi».

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