Cronaca locale

Case ai rom, il Comune: razzismo

Il Comune presenta ricorso contro la sentenza che impone l’assegnazione degli alloggi popolari ai nomadi di via Triboniano. "Giudici contro la realtà: la Casa della Carità di Don Colmegna ha bloccato la consegna delle abitazioni, Palazzo Marino ha fatto la sua parte"

Case ai rom, il Comune: razzismo

Il provvedimento del tribunale civile che impone al Comune di assegnare dieci alloggi Aler alle famiglie rom di via Triboniano «contrasta con la realtà dei fatti e con le risultanze istruttorie». Palazzo Marino passa al contrattacco. I legali del sindaco hanno depositato un reclamo contro la decisione dei giudice monocratico che - il 20 dicembre scorso - imponeva all’amministrazione di mettere a disposizione dei nomadi gli appartamenti non oltre il termine del 12 gennaio 2011.
Nelle tredici pagine di ricorso, gli avvocati del Comune ribadiscono che la giunta «non ha mai attuato comportamenti discriminatori nei confronti dei rom», ma anzi, è stato proprio Palazzo Marino «il primo a istituire i campi nomadi e a elaborare un progetto complesso e articolato per l’intergazione sociale della popolazione di etnia rom». E se quegli alloggi non sono attualmente abitati dalle famiglie che hanno presentato il ricorso - sottolinano ancora i legali di Letizia Moratti - la responsabilità è di don Colmegna. «Il Comune di Milano - si legge infatti nel documento - sta attuando il progetto per la parte di sua competenza. Gli appartamenti sono nella disponibilità della Casa della Carità, e non del Comune, a cui non spetta alcuna assegnazione». Allegato all’atto, c’è anche il racconto di don Massimo Mapelli, sentito dai giudici come testimone. «I dieci appartamenti che abbiamo ristrutturato - aveva spiegato il rappresentante della fondazione di via Brambilla - non sono stati occupati dalle famiglie destinatarie perché in considerazione della situazione creatasi è sembrato opportuno bloccare tutto per cercare una soluzione concordata». Per Palazzo Marino, dunque, a fermare la procedura di assegnazione sarebbe stata proprio la onlus di don Colmegna, volendo «evitare le tensioni con gli altri abitanti degli edifici interessati». Insomma, il Comune avrebbe fatto la sua parte. Gli altri no.
Ma c’è un altro punto su cui si sofferma il reclamo dell’amministrazione. Ed è un punto cruciale, perché sulla mancata assegnazione della case Aler ai nomadi la Procura ha aperto un fascicolo penale (al momento a carico di ignoti) ipotizzando il reato di discriminazione razziale. La replica di Palazzo Marino è tranciante. «Mai attuati comportamenti discriminatori nei confronti dei rom». «Ove vi fosse un comportamento discriminatorio - scrivono ancora gli avvocati del sindaco - il Comune non avrebbe elaborato il progetto dedicato ai rom, né provveduto a darvi attuazione per tutto ciò che gli compete». La prospettiva, poi, viene ribaltata. «Alle famiglie rom è stato riservato un trattamento differenziato, non certo peggiorativo rispetto alla generalità delle famiglie», ma «il progetto elaborato dal comune non può prevedere in loro favore posizioni di ultravantaggio rispetto ad altri soggetti in analoghe condizioni di fragilità sociale».

In sostanza, sarebbe discriminatorio assegnare le case ai rom solo perché «appartenenti a una determinata etnia, a scapito di altre diversità e situazioni di analogo bisogno di tutela sociale».

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