Assunzioni facili, case in omaggio, sponsorizzazioni ad hoc, «tangenti» sotto forma di fatture per pranzi e cene inesistenti da destinare a sondaggi per le primarie del Pd. È condensato in una quindicina di pagine l’atto d’accusa della Procura di Firenze nei confronti dei vertici dell’ex giunta rossa coinvolta nell’inchiesta sulla trasformazione urbanistica dell’area di Castello, alla periferia nord-ovest di Firenze. Area che si estende tra l’aeroporto e l’autostrada, su terreni di proprietà della Fondiaria-Sai (gruppo Ligresti) sui quali sarebbe dovuto sorgere il nuovo stadio di calcio voluto dai Della Valle, oltre a case, attività commerciali, uffici privati.
L’avviso di conclusione delle indagini preliminari di questo primo troncone d’indagine (dal quale poi è nata la mastodontica inchiesta sui Grandi appalti della Protezione civile) prende di mira quei politici di centrosinistra che il 18 novembre 2008 vennero raggiunti da un avviso di garanzia: e cioè l’assessore all’urbanistica di Firenze, Gianni Biagi, all’assessore-vicesindaco, Graziano Cioni, già candidato alle primarie del Pd. Con loro sono indagati anche Salvatore Ligresti e il suo rappresentante diretto, Fausto Rapisarda.
Agli uomini del Pd fiorentino, sostanzialmente, si contestano condotte illecite finalizzate e favorire in modo sfacciato il gruppo Ligresti ottenendo in cambio prebende e «altre utilità». Graziano Cioni, quale pubblico ufficiale, assessore alla Sicurezza e vivibilità urbana del Comune di Firenze, «si metteva a disposizione, in modo continuativo, del Rapisarda, quindi negli interessi del gruppo Ligresti, prescindendo da valutazioni di interesse pubblico e assicurando di fatto, il Cioni, il proprio appoggio nell’ultimo quinquennio nell’adozione delle determinazioni dell’amministrazione comunale». In particolare «accondiscendendo ad avallare iniziative tese allo sfruttamento urbanistico dell’area di Castello e alla massima valorizzazione dell’investimento privato, quale l’ubicazione dello stadio cittadino». Secondo i Pm, Cioni però ometteva di astenersi da ogni decisione inerente l’approvazione e concreta esecuzione della convenzione urbanistica stipulata tra il Comune e il Consorzio Castello, pur avendo degli interessi in comune con il gruppo imprenditoriale Ligresti «anche per il tramite del figlio» dipendente della Fondiaria. Non solo, Cioni avrebbe fatto da mediatore fra Rapisarda e il sindaco Matteo Renzi «affinché quest’ultimo si determinasse a individuare nell’area Castello la sede dei proprio uffici e dunque ad acquistare, a tal fine, una porzione di detta area». Di più. Cioni prima avrebbe sollecitato Rapisarda a promuovere il figlio a un livello superiore «nonché a una gratifica economica ottenendo nell’immediato la promessa relativa alla corresponsione della gratifica». Eppoi avrebbe conseguito, e mantenuto, «la disponibilità di un immobile di pregio costituito da 6,5 vani della Fondiaria, ubicato in via Matteotti a Firenze, in favore di persona da lui indicata al prezzo di 7.200 euro annui» eppoi ottenendo, sempre dal Rapisarda, «pronti interventi di miglioria» dell’appartamento. E ancora. Dalla Fondiaria Cioni sarebbe riuscito ad avere «varie forme di finanziamento e sponsorizzazione nei settori di competenza» per un totale di 240mila euro.
Tra i destinatari del provvedimento di conclusione delle indagini preliminari spunta anche il re della ristorazione, Aurelio Fontani, accusato di appropriazione indebita: dalle sue società e dalle sue trattorie avrebbe distratto somme per «destinarle in concreto a fini extrasociali, quali il pagamento di sondaggi pre-elettorali effettuati dalle società di comunicazione Swg e Opimedia su commissione di Graziano Cioni, con riferimento alla presentazione di quest’ultimo alla primarie del Pd per la nomina a candidato a sindaco di Firenze». Infine, ecco le accuse all’assessore all’Urbanistica, Gianni Biagi. Stando ai capi di imputazione (corruzione, concorsone ed altro) Biagi avrebbe operato «avvantaggiando il gruppo Ligresti che di fatto si poteva valere della collaborazione dell’assessore per la risoluzione sia in via formale che informale di ogni problematica su Castello». Salvo poi «imporre al gruppo Ligresti l’utilizzo di progettisti di fiducia individuati negli architetti Casamonti e Savi».
GMC
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