Casini fa il solista: se cade Prodi, governo a 360°

Fabrizio de Feo

da Roma

Mandare a casa Prodi? «È utile ma non è sufficiente. Le elezioni non ci saranno. Se il motore della macchina Italia fonde, l’auto resta in parcheggio ed è inutile competere per chi la guida. Ecco perché servono ricette positive e non solo atti di una parte contro l’altra».
Pier Ferdinando Casini, nel giorno della grande manifestazione del centrodestra a Vicenza, sceglie di prendere le distanze dagli alleati e di percorrere la sua corsia alternativa: quella che, in caso di implosione dell’attuale esecutivo, punta tutto su un governo tecnico o di grandi intese e deplora l’eventuale ricorso alle urne. Il leader dell’Udc parla da Baveno, in provincia di Verbania, dove partecipa a un convegno sulle liberalizzazioni. Ma al centro del suo intervento finisce inevitabilmente il tema più caldo e immediato dell’agenda politica: la strategia da tenere sulla manovra di bilancio. «Sulla Finanziaria chiedo alla Cdl di non dare alibi al governo per porre la fiducia, e chiedo a Prodi di non ricorrervi perché la fiducia è sempre un atto di debolezza del governo. Nella maggioranza e nell’opposizione ci sono settori che preferiscono la fiducia. Noi ragionevoli dobbiamo incalzare il governo e sfidarlo a non porla. Il che significa anche predisporsi a un’opposizione non ostruzionistica. Proporre 50mila emendamenti è un modo per fare ostruzionismo, che è l’anticamera, il presupposto e l’alibi della fiducia». Articolato il suo ragionamento, Casini detta una previsione sul futuro che suona anche come una manifestazione di intenti. «Qualunque cosa accada, tutti sanno che non si torna a votare. Se Prodi cade l’alternativa è un governo a 360 gradi che si assuma la responsabilità di svincolarsi dal ricatto dell’estrema sinistra». Come dire che, se si farà questa operazione, l’Udc è pronto a concedere il suo appoggio.
Casini, nel suo discorso, si autoiscrive alla categoria politica dei «ragionevoli». E, in questa prospettiva, esprime perplessità sul ricorso alla piazza. «Questa Finanziaria non ci piace e il governo è ostaggio dell’estrema sinistra di questo Paese. Ma non c’è una piazza che vuole mandare a casa Prodi e una Udc che vuole tenerlo a Palazzo Chigi. È vero che l’emotività può portarci ad essere appagati dal dire no agli altri, a gridare qualche slogan e a fischiare qualche cosa che si può fischiare, ma il problema oggi è creare una alternativa».
Sullo sfondo, nel weekend in cui Marco Follini battezza la sua nuova creatura politica, Casini si concede una autocritica retroattiva dettata ai microfoni di «Striscia la notizia» sulla scelta di candidare l’ex compagno di tante battaglie. «Non pensavo che se ne sarebbe andato, se no non lo avrei messo in lista» dice il leader dell’Udc a Valerio Staffelli. «No, non mi sento attapirato, questa è la vita». C’è spazio, poi, per una critica a «qualche imbecille del centrodestra che fischia l’inno nazionale», con riferimento a quanto accaduto a Vicenza. Ma anche per una difesa di Giorgio Napolitano - «è un galantuomo, sarà garante di tutti gli italiani» - attaccato da Silvio Berlusconi. La chiusura al vetriolo, però, è dedicata a Massimo D’Alema. «Nel nostro Paese sono state fatte anche finte privatizzazioni. Nel ’97 si privatizzò la Telecom andando a cercare Agnelli che fece il gran sacrificio di prendere lo 0,6% per costituire un nocciolino duro. Due anni dopo si fece una privatizzazione che sostituì un nocciolino degli amici più amici.

Draghi, allora al Tesoro, non poté partecipare all’assemblea Telecom perché il governo glielo vietò. Questi sono i peccati originali. Questo tipo di privatizzazioni hanno un nome e un cognome perché avvenute con governi di centrosinistra».

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