Casini: «Fatti gravi C’è una patologia nelle regioni rosse»

Il presidente della Camera: ma non bisogna generalizzare, il mondo delle cooperative merita attenzione e rispetto

Massimiliano Scafi

da Roma

Niente sconti. Ci sono fatti «inquietanti, anche gravi», c’è una «degenerazione» forse diffusa e c’è pure una forma di «patologia del sistema, ad esempio nelle regioni rosse». Ma niente semplificazioni. «Guai - avverte Pier Ferdinando Casini - a confondere episodi di malcostume con il fenomeno della cooperazione. Guai a criminalizzare questo mondo composto da migliaia di cooperatori di diverse estrazioni ideali, che meritano invece attenzione e rispetto. È un’idea ingiusta e pure sbagliata sul piano economico».
Sbaglia dunque, secondo il presidente della Camera, anche Silvio Berlusconi, che in tv ha parlato di «un sistema intollerabile», fatto di «aziende che non pagano le tasse come le altre» e che «ci si immagina possono aiutare i partiti del centrosinistra». Per Casini non si deve generalizzare. Ci sono, è vero, «fatti gravi di cui bisogna farsi carico», ci sono, ripete, «patologie nelle regioni rosse», e c’è «il tentativo, che sempre viene assecondato in modo di dubbia responsabilità, di seguire l’onda degli avvenimenti e di non avere invece la coerenza di sviluppare la difesa di forme identitarie sul piano economico, sociale e culturale». Però, «non si può buttare il bambino con l’acqua sporca, non possiamo delegittimare il movimento della cooperazione costituito di tanti movimenti ideali», tra i quali evidentemente ci sono quelli di ispirazione cattolica. Non si può, insiste, «perché fanno parte a pieno titolo dell’economia italiana e rappresentano una ricchezza». E questo, ricorda Casini, vale sia per il centrosinistra che per il centrodestra: «In questa legislatura il Parlamento ha garantito la peculiarità dello strumento cooperativo e lo abbiamo fatto responsabilmente. Lo ha fatto la maggioranza e lo ha fatto l’opposizione, consapevolmente per cui oggi non si può far finta di svegliarci».
Calma e gesso, questa quindi è la linea istituzionale suggerita dal presidente della Camera: i magistrati faranno il loro lavoro, ma la politica non può dire che, «siccome ci sono stati degli episodi gravi, bisogna fare a meno delle cooperative». E Tangentopoli due non c’entra, come aggiunge Rocco Buttiglione. «Se dieci anni fa i Ds hanno fatto l’errore di usare le inchieste come uno strumento contundente, ora non c’è nessuna voglia di rivalsa - dice il ministro per i Beni culturali -. Quello che si può fare è riflettere seriamente sul rapporto con l’etica per assicurare una politica carica di energie morali».
Anche An sceglie un profilo basso. «Noi non entriamo nel dibattito interno degli altri partiti - spiega il portavoce Andrea Ronchi - perché non è nello stile di Alleanza nazionale. Però questa vicenda deve servire per fare chiarezza sul collateralismo che esiste tra il mondo delle cooperative e il più importante partito della sinistra. E servirà per avere molte spiegazioni soprattutto sul potere nelle regioni rosse. È necessario che i Ds usino parole chiare». Altero Matteoli dà un consiglio alla Quercia, «la verità paga sempre», e ne dà uno anche alla Cdl: «Il caso Unipol è un problema dei Ds, tanto è vero che gli attacchi più duri a D’Alema e Fassino sono quelli arrivati dall’interno. Il centrodestra non ha colpa e soprattutto non deve criminalizzare. La Cdl non vince se attacca i Ds per lo scandalo perché gli elettori sono capaci di giudicare e danno i voti ai programmi».


Forza Italia invece cerca di mettere la Quercia all’angolo: «Se davvero non hanno nulla a che spartire con le consorterie, perché non affrontano con serenità il dibattito?», si chiede Antonio Martusciello. E Isabella Bertolini: «Sperano di oscurare il bubbone Unipol sollevando polveroni contro il premier».

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