Casini: «Un guaio il centro strabico a sinistra»

nostro inviato a Todi

Sarà stata la lettura mattutina dei giornali, che all’unisono registravano l’annusamento con gli amici ex Margherita (vedi Francesco Rutelli ed Enrico Letta). Sarà stato il gelo della notte a far raffreddare gli amorosi intenti a senso unico. Sarà stato l’intervento di Ciriaco De Mita ad ispirarlo per un «discorso ampio, alto». Chissà. Di certo, Pier Ferdinando Casini frena sull’avvio di un «percorso predeterminato» che guardi solo da una parte. Sarebbe un «guaio» ipotizzare un centro con lo «strabismo a sinistra». Sarebbe «il più grande favore che potremmo fare a Silvio Berlusconi, che avrebbe così una egemonia infinita».
La ricerca, invece, sia «a 360 gradi». «Senza avere fretta», ma con «calma, calma, calma operosa». Un concetto che ripete tre volte, come il «bisogno di unità». Messaggio centrale che anima il ragionamento del leader Udc, chiamato a chiudere i lavori del seminario di Liberal, a cui partecipa pure Magdi Cristiano Allam, sulla rampa di lancio per una candidatura centrista alle Europee.
Ma «al di là dei nominalismi», la premessa che porta al «Partito della nazione», figlio della «terza Repubblica» per dare «soluzione ai problemi del Paese, che deve recuperare il senso identitario del proprio cammino», non cambia: «Il bipartitismo sterile, senza partiti, è finito». Lo testimonia il Pd, che «ha commesso una grandissima ingenuità, l’errore di credere che la sommatoria di forze possa costituirne l’identità». Invece, «le nostre radici democratico-cristiane non sono un impiccio, ma la grande forza di un progetto da non affidare alle suggestione della pubblicità».
Detto questo, Casini avverte: «Allacciate le cinture di sicurezza, perché presto la crisi economica imporrà alla politica cose nuove». La maggioranza, aggiunge, «sta chiedendo sempre più potere, che già possiede, ma è un diversivo, un gioco degli specchi usato perché incapace di affrontare le vere questioni del Paese». Per l’ex presidente della Camera, si deve invece portare il governo alla «rendicontazione reale».
Nell’attesa, la nuova «idea» centrista, spiega il leader Udc, non ha nulla a che fare con una sorta di «Margherita del 2020». L’ambizione è «molto più forte: mettere assieme non solo quelli che nel Pd avranno un disagio, ma anche coloro che oggi, nel Pdl, sono richiamati alla disciplina, presi magari dalla paura». Il Pdl, attacca, «che ha legato il suo destino ad un leader, è molto più aleatorio di quanto si possa immaginare». Perché «i leader passano, i partiti restano». Ma il Cavaliere, che «ha in Di Pietro e Travaglio i suoi più grandi alleati, non va demonizzato». Lo ha fatto «per vent’anni la sinistra, con un’ossessione da cui non si riesce a liberare». E «il principale errore di Veltroni è stato quello di accettare di essere il contraddittore di comodo di Berlusconi, che ha una potenza di fuoco senza eguali».
Si passa al nodo Amministrative. «Dobbiamo scegliere persone e alleanze giuste» senza svendersi per un assessorato, ripete Casini, per cui «anche nel Pdl ci sono candidati buoni». Intanto, incassa l’adesione di Adriana Poli Bortone, senatrice Pdl e fondatrice del Movimento per il Sud, che alla kermesse di Todi annuncia di non aderire al partito unico del centrodestra. «Non entro - spiega l’ex sindaco di Lecce - perché An ha deciso la sua eutanasia, senza consultare al suo interno chi poteva dire qualcosa».

Per la città pugliese, si lavora così ad un’alleanza allargata, per appoggiare alla presidenza della Provincia Dario Stefano, che ha da poco mollato il Pd. Ma non finisce qui. Nell’Udc, raccontano, si lavora per candidare la senatrice alla guida della Regione Puglia nel 2010.

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