Casini manda al diavolo la Chiesa e chiede la sfiducia del Cav

La strategia centrista: "Presenteremo la mozione il 14 dicembre, è una scelta obbligata. Ma se il premier si dimettesse prima..."

Casini manda al diavolo la Chiesa e chiede la sfiducia del Cav

Roma - La Chiesa chiama, ma Pier non risponde. Le alte gerarchie ecclesia­stiche, in questi giorni di crisi politi­ca, stanno richiamando i politici cat­tolici alla responsabilità, ma l’Udc, che a quel mondo si rivolge, fa orec­chie da mercante e ha annunciato la presentazione di una propria mozio­ne di sfiducia il 14 dicembre.

«È una strada obbligata in coeren­za con gli impegni presi», ha sottoli­neato Casini rimarcando che «se Ber­lsuconi dovesse dimettersi prima, sa­rebbe un gesto di grande intelligen­za ». La mossa dell’Udc, se non altro, ha causato ulteriore imbarazzo a Fu­turo e Libertà, alle prese con le quoti­diane diatribe tra «falchi» e «colom­be». Il capogruppo alla Camera, Italo Bocchino, ha cercato di minimizza­re. «Fli deciderà il 13 dicembre», ha replicato e comunque per una mozio­ne di sfiducia «occorrono le firme», il 10% dell’Assemblea, una quota che l’Udc da sola non può raggiungere.

D’altronde, Casini aveva anticipa­to le proprie intenzioni al presidente di Mediaset e intimo del Cavaliere, Fedele Confalonieri. Nessun appog­gio senza dimissioni. Solo a quel pun­to l’Udc potrebbe entrare in maggio­ranza eventualmente appoggiando un Berlusconi-bis.

Eppure ieri si erano materializzate tutte le premesse per una resipiscen­za udiccina. Il cardinale Camillo Rui­ni, ex presidente della Cei e responsa­b­ile del Progetto culturale della Chie­sa italiana, ha manifestato un’insoli­ta apertura in un’intervista a Radio Vaticana. «Sono favorevole al federa­lismo, ritengo che appartenga alla na­tura profonda del Paese, è una scelta irriversibile», ha detto Ruini.

Un vero e proprio imprimatur a uno dei temi-cardine dell’azione del­la Lega Nord effettuato attraverso un’analisi politica e non meramente storica. Un «appoggio» che, dunque, ha la finalità di smuovere le coscien­ze dei moderati. «Le formule politi­che vanno sempre adattate, devono evolversi con l’evolversi delle situa­zioni», ha aggiunto Ruini. Non si commette una forzatura, perciò, se si interpretano queste dichiarazioni co­me un invito a non allungare la crisi.

Un invito esplicitamente rivoltoal­l’Udc che negli ultimi tempi, come documentato dal Giornale, è stata fat­ta oggetto di un pressing serrato da parte della Chiesa italiana, sia da Ol­tretevere che dalla Cei. Le gerarchie cattoliche sono allineate sulla neces­sità di evitare elezioni anticipate che potrebbero acuire la situazione di cri­si e di incertezza. E tanto il Vaticano quanto i vescovi sono riluttanti nel­l’appoggiare alleanze che vedrebbe­ro i cattolici assieme al Fli di Fini che negli ultimi due anni si è contraddi­stinto per le posizioni laiciste in tema di fine vita, di fecondazione assistita e di diritti delle coppie omosessuali.

L’unico risultato conseguito è sta­to un leggero raffreddamento dei rap­porti con Fini e un’attenuazione del­le critiche al

federalismo. L’Udc, pe­rò, sa bene che la propria collocazio­ne naturale è nel centrodestra e che troppi traccheggiamenti potrebbero ostacolare il rientro, soprattutto se Berlusconi dovesse ottenere una fi­ducia non risicata.

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