Il caso La critica al Festival di Roma non ha mandanti

Chissà perché se il Giornale scrive che due Festival del cinema in un mese e mezzo sono troppi ci dev’essere dietro per forza qualche mandante. E si deve tirare in ballo l’intero centrodestra. Nei giorni scorsi su queste pagine abbiamo osservato che «in tempo di crisi i doppioni vanno eliminati». Il «doppione» è il Festival Internazionale del Film di Roma che arriva «47 giorni» dopo la fine della Mostra di Venezia. «Ci sarà poco da meravigliarsi - si ipotizzava - se quest’autunno, davanti alle passerelle con le star ingioiellate, spunteranno le maestranze imbufalite di qualche fabbrica costretta alla cassa integrazione». Nient’altro che un argomento di semplice buon senso (senza bisogno di convocare Brunetta). Fatto sta che ieri, sul Riformista, Michele Anselmi si è esibito in una complessa dietrologia alla ricerca d’improbabili ispiratori: qualche nemico della kermesse romana che avrebbe imbeccato Vittorio Feltri, il sindaco Alemanno, o il suo assessore alla cultuta Umberto Croppi che, si apprende, avrebbe in mente di fondere in un’unica rassegna il Roma Fiction Fest e il Festival del Film. Colpisce anche un certo puntiglio nel chiosare la provocazione del Giornale quasi fosse stato leso un diritto esclusivo alla polemica, proprio di alcune firme e di alcune testate. Un puntiglio persino superiore a quello contenuto nella garbata risposta del presidente della rassegna romana Gian Luigi Rondi, puntualmente ospitata da queste pagine. Quanto al Festival di Parigi, è una manifestazione che non ambisce certo a fare concorrenza a Cannes come invece si può dire del Festival di Roma rispetto alla Mostra del Lido (che, peraltro ha un budget inferiore).

E come ha confermato anche l’inchiesta della Stampa di qualche giorno fa intitolata «Fra Venezia e Roma è guerra all’ultima star». Ma si sa, La Stampa non è «il centrodestra», e non si può andare alla ricerca di mandanti, più o meno occulti.

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