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Caso Cucchi, la perizia dei medici legali del pm: "Potevano salvarlo, non è morto disidratato"

Il pool di esperti della Sapienza consegna il rapporto di 145 pagine: "Omissioni e negligenze. Abbiamo rilevato una carenza assistenziale. Il giovane quando è entrato al Pertini poteva ancora essere salvato". E sulle cause della morte: "Disidratazione impossibile"

Caso Cucchi, la perizia dei medici legali del pm:  
"Potevano salvarlo, non è morto disidratato"

Roma - Stefano Cucchi poteva essere salvato. Lo hanno stabilito le analisi condotte dal pool di esperti nominati dal pm Vincenzo Barba e guidati dal direttore di medicina legale dell’università La Sapienza, Paolo Arbarello. "La vita di Cucchi - ha spiegato Arbarello - illustrando alla stampa il contenuto della consulenza depositata in procura - se si fosse agito diversamente poteva essere salvata". Il quadro clinico del giovane, ha sottolineato, all’ingresso all’ospedale Pertini era fortemente compromesso e non permetteva la degenza nel reparto detentivo. Cucchi avrebbe dovuto essere stato ricoverato in un reparto per acuti. "Abbiamo rilevato - ha detto Arbarello - una carenza assistenziale. Abbiamo un dubbio sul perché un paziente in quelle condizioni sia stato avviato a quel reparto. Andavano impostate diversamente le terapie. Ci sono state omissioni e negligenze". La commissione d’inchiesta parlamentare sulla morte di Cucchi, guidata da Ignazio Marino, aveva concluso che il ragazzo, morto all’ospedale Pertini dopo essere stato arrestato e detenuto per detenzione di droga, era deceduto per fame e sete.

Le cause della morte Cucchi non è morto per disidratazione. È il risultato dell’analisi svolta dal pool di esperti le cui conclusioni sono raccolte in una consulenza di 145 pagine consegnate ieri ai pm che indagano sul caso. Che Cucchi non sia morto per disidratazione, ha spiegato Arbarello, è dimostrato dal fatto che "il giorno precedente la morte aveva assunto tre bicchieri d’acqua e nella documentazione risultano prelievi di urine con il catetere. Perciò la funzionalità renale era attiva. Non c’è nessun tipo di verità scientifica che ci consente di affermare che possa essere morto per disidratazione".

Poteva essere salvato All’ospedale Pertini, ha spiegato Arbarello, "non è stata colta la gravità della situazione". Cucchi soffriva, secondo la ricostruzione del gruppo di esperti, di cinque gravi problemi: riportava una "fortissima cachessia, vale a dire era magrissimo e in uno stato vicino al malnutrizione; una disfunzione epato-cancreatica; una grave ipoglicemia; uno squilibrio elettrolitico; e una rilevante bradicardia", vale a dire un battito del cuore molto lento, intorno alle 40 pulsazioni al minuto. "Si tratta di una condizione generale - ha sottolineato Arbarello - nella quale occorre provvedere con terapie idonee per scongiurare la morte". Le indicazioni dei medici del Regina Coeli e del Fatebenefratelli, secondo quanto risulta dalle carte, ha proseguito il direttore di medicina legale, sono state corrette.

Sbagli al Pertini L’errore è stato compiuto al Pertini. "Le perizie legali - ha sottolineato però Arbarello - non sono prove e non costituiscono verità assoluta. La perizia medico-legale non è una sentenza. Noi abbiamo svolto la nostra analisi sulla base dei rilievi e della documentazione che avevamo a disposizione. Spetterà al magistrato fare una valutazione complessiva, avvalendosi anche di altri strumenti come gli interrogatori, che aggiungono sicuramente elementi al puzzle. Quello che possiamo dire noi è che le lesioni riportate da Cucchi non erano mortali, che non è morto per disidratazione e che con le terapie adeguate poteva essere salvato.

Se poi i medici hanno fatto bene o no, sulla base delle informazioni che avevano e dei protocolli a fare quello che hanno fatto è una valutazione che spetta al magistrato".

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