Caso Damascelli Una sentenza che non ci garba

Tony Damascelli, il nostro collega dello sport, è stato condannato a quattro mesi di sospensione dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Per centoventi giorni non potrà fare quello che fa da oltre trent’anni, ossia raccontare di reti violate, di pali sfiorati, corse solitarie verso la porta, ma anche di vicende di costume accadute in giro per il mondo. Il fatto in sé non è grave. Tony è un signore che lavora da una vita senza fermarsi mai. Quando la redazione lo chiama non dice di no a qualsiasi servizio e, forse, dopo tanta fatica ha bisogno di una vacanza, o, meglio, di darsi una calmata. Che la calmata però gliela dia un editto bulgaro dell’Ordine dei giornalisti, una specie di parlamentino di funzionari del giornalismo, sostenendo che Tony ha compromesso la dignità professionale, be’, allora questo non ci garba. Non ci va per niente, perché Damascelli può essere accusato al massimo d’aver spettegolato un po’ al telefono con Luciano Moggi, uno che per mestiere e per dovere aveva il compito di sentire almeno due volte al giorno, prima e dopo i pasti. Può essere imputato d’aver parlato con una certa licenza di un collega e magari questo fatto può essere censurato sotto la voce cattivo gusto, ma siamo certi che se origliassimo i colloqui del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, scopriremmo che del suo collega presidente dell’Inpgi o del presidente del sindacato giornalisti non dice altrettanto bene. Ma tutto ciò non è reato. Non è reato neppure per la Procura, tanto è vero che Tony Damascelli non è stato indagato nella vicenda «Moggiopoli» e i magistrati di Napoli non hanno sentito il bisogno di interrogarlo neanche come testimone. Le sue sono bischerate telefoniche, chiacchiere da bar sport, appunto.

Ma non per l’Ordine dei giornalisti: il tribunalino che si erge a tutore della professione mentre si fa sfuggire sotto gli occhi ogni genere d’affari del giornalismo italiano, questi giudici che non vedono gli intrecci finanziari che strangolano i giornali e sono eccezionalmente indulgenti con chi fa la spia perché è figlio di Maria, diventano invece severi per quattro spifferi al telefono. Nel puro stile italiano, duro con i deboli e debole con i forti, l’Ordine ha deciso di punire un cronista sportivo che da sempre fa il suo mestiere. I molti che ne fanno un altro è meglio non disturbarli.

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