Politica

Il caso Fastweb

Il senatore Nicola Di Girolamo, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Telecom-Fastweb sul riciclaggio di capitali della ’ndrangheta, si è «pentito». Da qualche giorno l’ormai ex parlamentare che nel primo interrogatorio di garanzia si era avvalso della facoltà di non rispondere, collabora con la procura di Roma che lo ha spedito in galera ipotizzando i reati di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illeciti, nonché la violazione della legge elettorale con l’aggravante mafiosa. Nel vuotare il sacco l’ex senatore del Pdl, assistito dagli avvocati Carlo Taormina e Paolo Dell’Anno, ha puntato l’indice su Finmeccanica in merito alla misteriosa operazione da 8 milioni di euro collegata all’acquisizione di parte delle quote della società Digint (in orbita Finmeccanica) da parte del gruppo Mokbel-Di Girolamo. Di Girolamo avrebbe ammesso d’esser stato presente alla consegna di 7,5 milioni di euro in contanti versati a Lorenzo Cola, uomo vicino a Piefrancesco Guarguaglini, che sarebbero serviti per far ottenere alla società Digint - azienda informatica del nord Italia - contratti da Finmeccanica e da società satellite sull’ordine dei 50 milioni di euro. Poi, però, secondo Di Girolamo, l’affare da chiudersi in tre anni non sarebbe andato in porto anche per il «nervosismo» di Mokbel che, dopo appena un anno, vedendo che il business non decollava, avrebbe fatto pressioni sul senatore per riavere indietro il denaro investito. A questo punto, sempre secondo Di Girolamo, si sarebbe tentata un’operazione sostitutiva attraverso l’Agenzia Asiatica d’area Finmeccanica, ma anche questo affare sarebbe abortito sul nascere. In questo contesto si inserisce l’intercettazione del 21 settembre 2007 che ha messo sul chi va là gli investigatori romani. Al telefono Mokbel è con Marco Toseroni, altro sodale del gruppo. Parlano di un bel po’ di soldi in Oriente. In modo sibillino fanno riferimento a un certo Lorenzo, che poi il Ros scoprirà essere Lorenzo Cola, consulente del colosso pubblico di alte tecnologie, che lavorava proprio per la Digint. Che a sua volta viene tirata in ballo in un’altra intercettazione del 12 febbraio 2008 fra Di Girolamo, Toseroni e altri, fra cui Mokbel. Che urlando pianta più di un paletto: «Tutti i contratti dentro. Questa società (la Digint, ndr) acquisirà un certo valore, importante. Noi vendiamo la nostra quota a Finmeccanica che è da quantificare non so in quante decine di milioni. Giusto? Ma tu l'hai visto un contratto?». Toseroni gli risponde a tono: «Ma non mi puoi fare guadagnare neanche 150mila euro, e io non ci campo».


In serata è arrivata la nota ufficiale di Finmeccanica «Il presidente e amministratore Pierfrancesco Guarguaglini, non ha mai conosciuto né incontrato il signor Mokbel».

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