Il caso Fonsai riapre la partita Antitrust su Mediobanca

Mentre i sindacati della Banca Popolare di Milano ordinano alla base di serrare le fila in vista della battaglia sulle deleghe all’assemblea di sabato, la Procura di Milano interviene con un’inchiesta per insider trading. Il nodo, denunciato dallo stesso vertice di Piazza Meda, è stata la fuga di notizie che ha accompagnato l’ispezione di Bankitalia e la conseguente tempesta di Borsa sul titolo, tanto che l’ipotesi di reato potrebbe essere presto convertita in aggiotaggio. Il titolare dell’inchiesta è Roberto Pellicano, il pm che aveva già aperto un fascicolo sul prestito «convertendo» emesso da Bpm nel 2009 per rimborsare i Tremonti bond, ma poi sanzionato dalla Consob per alcune irregolarità.
Eventuali turbative di mercato a parte, la marcata debolezza del titolo (-44% negli ultimi 3 mesi) non è certo il miglior viatico per un’assemblea cruciale rispetto ai futuri equilibri interni dell’istituto. Messi all’angolo da Bankitalia, i dipendenti-soci sono infatti pronti a ingoiare l’aumento di capitale da 1,2 miliardi, così da rimediare ai rilievi patrimoniali mossi dalla Vigilanza, ma continuano a respingere il diktat sulla governance, perlomeno per quanto riguarda la richiesta di portare da 3 a 5 il numero delle deleghe di voto. Lo strappo rispetto ai programmi di Bankitalia è evidente così come la presa di distanza dalla linea del consiglio di amministrazione. Sabato in assemblea il presidente Massimo Ponzellini difenderà infatti con forza l’opportunità di incrementare le deleghe, soffermandosi sulla necessità di allargare la base di rappresentanza, senza per questo sconfessare il modello cooperativo che lo ha eletto.
A meno di un dietrofront dei sindacati, le chance di rovesciare il responso delle urne pare però esiguo visto la forza esercitata dai dipendenti soci tramite l’«Associazione degli Amici». Sabato i «capisquadra» sindacali attendono alla Fiera di Milano circa 4mila presenze contro i 6mila i «biglietti di prenotazione» finora staccati. Non è sfuggita peraltro alla base la «saggezza politica» con cui il direttore generale Enzo Chiesa, considerato vicino alla Uilca e in ottimi rapporti con la Fabi, ha ricucito con gli «Amici» assicurando che il verdetto sulle deleghe non comporterà alcun rischio di dimissioni per il consiglio, contrastando di fatto le richieste della Vigilanza.
Chiesa ha inoltre rimarcato che Bpm resterà autonoma e che non c’è alcuna ipotesi di integrazione sul tavolo, con Bper, Bnp Paribas e tantomeno con Unicredit, a proposito della quale ha preso le distanze anche il numero uno di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni. Parole che confortano la linea rigorosamente «indipendentista» da sempre difesa dagli «Amici», attualmente impegnati anche in una serie di incontri in tutta Italia per rassicurare gli addetti delle filiali sulla solidità del gruppo e «arginare» le comprensibili preoccupazioni della clientela.
La banca ha deciso di cambiare anche il «guru» della Comunicazione, affidandosi questa volta agli uffici dell’agenzia di Luca Barabino.

Una scelta che sembra stata dettata anche dalla insofferenza di alcuni consiglieri per le ultime vicende. Ma probabilmente l’unico modo per cambiare passo sarebbe dare a Bpm una voce unica e interna, come accadeva ai tempi della presidenza Mazzotta.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica