Milano - Sarà, come afferma Niccolò Ghedini, che «il tribunale di Milano ha rinnegato se stesso». O sarà invece il risultato dell’accorato appello che il pm Fabio De Pasquale ha lanciato ai giudici perché non staccassero la spina al processo, «una accelerazione dei tempi è l’unica strada per tenerlo in vita». Sta di fatto che quella che si consuma alle 15,30 di ieri nell’aula del tribunale di Milano dove fino a poco prima il presidente del Consiglio sedeva un po’ annoiato sul banco degli imputati - è una mossa a sorpresa il cui risultato concreto è quello di rabbuiare bruscamente l’orizzonte giudiziario di Silvio Berlusconi. Sul Cavaliere, prima di Natale, potrebbe abbattersi una pesante condanna. Per il reato di cui è imputato nel processo Mills, corruzione in atti giudiziari, il codice prevede un massimo di otto anni di carcere.
Fino a ieri, il capo del governo sembrava al riparo da conseguenze concrete- almeno a breve termine - del bailamme di inchieste e processi da cui è circondato.L’unico processo vicino alla conclusione, questo per la faccenda dei 600mila dollari che avrebbe versato all’avvocato Mills per addomesticarne la testimonianza, pareva destinato ad inabissarsi per via della prescrizione. E tutti i tentativi della Procura di sottrarlo a questa sorte si erano scontrati con i ripetutidinieghi del presidente del tribunale, Francesca Vitale, finora più attenta a rispettare minuziosamente i diritti della difesa che ad accogliere le pressanti richieste di De Pasquale per bruciare le tappe. Più di una volta, giudice e accusa si erano scambiati battute acide. Invece ieri, brusco e inatteso, il ribaltone: l’ordinanza che cancella una decina di testimoni della difesa già ammessi, fissa per il prossimo 24 ottobre l’interrogatorio in Inghilterra via videoconferenza- di Mills e per il prossimo 28 ottobre quello di Berlusconi, ammesso e non concesso che il premier decida di sottoporvi ( in qualità di imputato, la legge gli lascia la più ampia facoltà di scelta). Insomma, la possibilità di arrivare a sentenza in tempi brevi, che finora sembrava per la Procura un miraggio inafferrabile, appare all’improvviso a portata di mano. Su come e perché ciò sia accaduto sono possibile le ipotesi più disparate: dalle più banali alle letture più dietrologiche. Ma la decisione dei giudici milanesi cambia sicuramente anche lo scenario politico, in un momento in cui il presidente del Consiglio era già ampiamente sotto tiro per le sue vicissitudini giudiziarie, e dove una condanna per corruzione in tempi ravvicinati avrebbe effetti imprevedibili. E di questo, ieri pomeriggio, tutti i presenti nell’aula del tribunale milanese sono consapevoli. Il clamore sollevato dalla decisione dei giudici è tanto più forte quanto scontato- o giù di lì- appariva fino a ieri mattina l’esito di questo processo. David Mills, accusato di avere intascato 600mila dollari per non dire ai giudici la verità sui conti esteri della Fininvest, è già uscito incolume dalla vicenda grazie alla prescrizione, dopo essere stato condannato in primo e secondo grado. E la stessa sorte sembrava destinata a Berlusconi, che di quei soldi è accusato di essere il mittente. Il prossimo 21 gennaio, secondo i calcoli più accreditati, tuttoverràinghiottitodallaprescrizione. È un termine che, vista la complessità del processo e i blandi ritmi tenuti finora, sembrava impossibile rispettare. Tant’è vero che in aula ieri il clima era quasi rilassato. Berlusconi, come annunciato prima del weekend, era presente. Per la prima volta, da quando ha iniziato a frequentare i processi milanesi, non si è concesso ai taccuini dei cronisti giudiziari che lo aspettavano in massa, cui ha rilasciato solo qualchebattuta( «Vivedo bruttissimi», e poi, alla richiesta «Ci dice qualcosa? » «Qualcosa»). Poi si è seduto accanto ai suoi legali ad ascoltare distrattamente l’interrogatorio via video di una testimone svizzera, chiamata a rispondere sui conti di Mills: tema ostico, e reso incomprensibile dai disturbi audio. Certo, poteva destare qualche sospetto una ordinanza buttata lì dal giudice, che un po’ a sorpresa annunciava l’inserimento di due altre udienze, entrambe di sabato, nel calendario processuale. Ma nessuno ci ha fatto gran caso.
Invece alla ripresa pomeridiana, l’annuncio del taglio dei testi che ribalta lo scenario. Insorgono le difese, e i politici del centrodestra: «I giudici voglio segnare a porta vuota», sintetizza il vicecapogruppo Pdl al Senato Gaetano Quagliariello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.