Caso Penati, ecco chi è l’uomo della valigia da centomila euro

Caso Penati, ecco chi è l’uomo della valigia da centomila euro

Enrico Lagattolla

«Il geometra Pirovano non ha niente da dire». Così, con garbo e fermezza, ci si sente rispondere se si telefona al quartier generale di Pier Franco Pirovano, costruttore di lungo corso, fondatore del gruppo che porta il suo nome e new entry della inchiesta sulle tangenti a Filippo Penati. Gli uffici della Pirovano Group a Peschiera Borromeo sono stati perquisiti martedì scorso dalla Guardia di finanza su mandato dei pm che indagano sull’ex sindaco Ds di Sesto San Giovanni ed ex presidente Pd della Provincia di Milano. Non si sa cosa abbiano trovato le Fiamme gialle, ma si sa perché erano lì. In ballo ci sono centomila euro versati al comitato elettorale di Penati, un affare edilizio non identificato, e soprattutto il ritorno in scena di un personaggio - Pirovano - di cui le cronache sulle «tangenti rosse» si sono già dovute occupare.
Non è la prima volta, infatti, che Pirovano viene accusato di avere passato soldi sottobanco a un esponente dei Ds. All’inizio degli anni Duemila la Procura di Milano lo aveva incriminato per corruzione, accusandolo di avere versato tra il 1993 e il 1995 quasi quattro miliardi di lire al sindaco di Peschiera Borromeo, il diessino Marco Malinverno, per ottenere il permesso di costruire 900 villette a schiera nel cuore del Parco agricolo del Sud Milano. Ad accusarli era un altro esponente del Pci/Pds, Salvatore Volo, secondo cui parte dei quattrini sarebbero arrivati ai vertici regionali del partito. In primo grado Malinverno e Pirovano vennero condannati a tre anni di carcere. In appello però il sindaco (nel frattempo passato armi e bagagli all’Udc transitando per l’Italia dei Valori) e il costruttore vennero assolti con formula piena. E l’unico a rischiare di restare col cerino in mano fu il loro accusatore, il compagno-pentito Volo, che se la cavò solo grazie alla prescrizione.
Ora si torna a parlare di Pirovano, perché il suo nome salta fuori dalla chiavetta Usb sequestrata all’architetto Renato Sarno, colui che la Procura di Monza considera il «collettore delle tangenti» di Filippo Penati. Nei file elettronici di Sarno è custodita quella che il pm Walter Mapelli e Franca Macchia, della Procura brianzola, considerano la contabilità delle mazzette. Di nomi ce ne sono dentro tanti. E la Procura li ha incrociati con quelli dei sostenitori di Fare Metropoli, la fondazione di Penati, e della sua campagna elettorale. In questo modo saltano fuori la «Chiara Immobiliare», una delle società di Pirovano, e i centomila euro destinati al leader diessino.
Fin qua niente di male. Di finanziamenti, Fare Metropoli ne riceveva tanti: come i 45mila euro del gruppo Percassi, interessato ad un business edilizio all’Idroscalo. O i 40mila del gruppo Intini, anch’esso coinvolto in un progetto, «Le Torri del Parco», a Sesto San Giovanni. Ma i centomila euro di Pirovano si segnalano per due motivi. Uno: perché sono tra i versamenti più generosi, se non il più generoso in assoluto (la lega delle Cooperative, tanto per dare un’idea, se la cava con meno della metà). Due: perché sono l’unico finanziamento che la Procura decide di considerare illecito senza neanche bisogno di andare ad accertare preventivamente quale sia stata la contropartita. «Un accordo di programma allo stato ancora da individuare», si limitano a scrivere i pm nel decreto di perquisizione a carico di Pirovano.
Il costruttore la prende malissimo.

«Pirovano è libero di sponsorizzare chi gli pare, è tutto regolarmente registrato - spiega il suo avvocato Giuseppe Bana - e comunque Pirovano a Sesto San Giovanni non ha mai messo neanche un mattone». Ma perchè finanziava Penati? Non risulta che Pirovano sia un fan della sinistra... «Ribadisco: Pirovano sponsorizza chi gli pare. E ha finanziato Penati come altri esponenti di altri partiti».

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