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Caso Pieri, inizia lo scaricabarile Arbitri in rivolta contro Pancalli

I vertici Aia: «Ignoravamo le accuse di Ancelotti, mai ricevute quelle carte». E i cinque candidati alla presidenza contestano il nuovo regolamento voluto dal commissario

«Non ho in mano nessun verbale». Stefano Tedeschi, bolognese, imprenditore (ramo prosciutti), ex arbitro di C, designatore voluto da Agnolin, cade dalle nuvole. Al suo ufficio, e in particolare sulla sua scrivania romana della Can, non c’è traccia del verbale dei carabinieri (pubblicato dal Corriere della Sera di martedì) nel quale Ancelotti parla di Tiziano Pieri, l’arbitro della sezione di Lucca, in termini non proprio lusinghieri («è inaffidabile») citando episodi noti (l’ammonizione di Maldini in Lecce-Milan prima del derby che portò alla definizione di Galliani «tecnicamente inadeguato»). «Non ho in mano nessun verbale» è la sua confessione resa a bruciapelo, nel bel mezzo di una riunione tenica per preparare la designazione del prossimo fine-settimana. Dello stesso tenore e valore, la dichiarazione di Luigi Agnolin, commissario dell’Aia fino all’appuntamento delle prossime elezioni (fine novembre), la cui candidatura presso la Fifa come rappresentate italiano degli arbitri è stata bocciata da Blatter. «Tutto quello che ci arriva, di rilevanza disciplinare, viene sottoposto alla procura federale per chiedere se dobbiamo agire con la nostra giustizia interna oppure no. È accaduto, dopo il caso Paparesta, con Copelli, Contini, Baglioni e Morganti, è avvenuto adesso per Trefoloni sul cui caso siamo in attesa di una risposta di Palazzi» è la ricostruzione di Agnolin. Per chiudere il triangolo, da Milanello, Ancelotti interviene senza rilanciare. Anzi con l’intento di chiudere la storia. «Sono cose non nuove, ho già dichiarato a giugno, quei verbali sono pubblici, non ho altro da aggiungere» è la sua frase che segna anche la fine delle ostilità con gli arbitri. In coda ad Ancelotti si posiziona Spalletti il quale tiene al riparo la sfida di sabato notte Milan-Roma. «Non temo condizionamenti» è la sua frase distensiva degna di un gentiluomo oltre che di un allenatore di valore.
Resta in piedi, alla fine, solo il caso Pieri. Nonostante l’intervento di Tedeschi, il quale assicura che «non è stato assunto alcun provvedimento di sospensione o fermo cautelativo nei suoi confronti». Ma questo non significa che il fischietto è necessariamente destinato a tornare in campo: può anche restare a riposo per normale turn-over. Anche se si colgono due aspetti della sua direzione che vanno segnalati a chi di dovere: a parte lo strafalcione sul rigore prima concesso e poi trasformato in ammonizione per simulazione a Gourcuff (penalizzato con un’ammenda di 1.500 euro), c’è da ricordare che le sue insicurezze sono state ingigantite dalle ricostruzioni televisive in merito al rigore su Bonera. Fermo Pieri per punizione o per bisogno di riposo, la realtà arbitrale del campionato italiano non cambia. E continua a riproporre errori vistosi oltre che una grande spaccatura interna, dovuta alla mancanza di un vero capo e alla scadenza elettorale. Convocare le elezioni, a campionato in corso e con nuove regole non è stata una gran trovata. La dimostrazione è arrivata dalla rivolta ufficiale dei cinque candidati alla presidenza.

Riuniti a Milano da Marcello Nicchi (con lui gli altri quattro Bruno Di Cola, Maurizio Mattei, Arcangelo Pezzella e Cesare Sagrestani) hanno spedito al commissario Pancalli la richiesta di un incontro chiarificatore dai toni aspri e decisi, definendo il regolamento pubblicato ieri dalla federcalcio «ad personam che ci è stato sorprendentemente imposto ma che contiene punti illegittimi, improponibili e infattibili». Pancalli non ha gradito ma ha accolto la richiesta.

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