Il caso «Sì agli Ogm» Scoppia la polemica

ACCUSA Finché i politici saranno ostaggi del becero ambientalismo non si risolverà mai il problema

Sarà un piccolo campo di 2-3 ettari, nel Comune di Vivaro (Pordenone), a ospitare, a partire da aprile, la prima coltivazione italiana di mais Ogm. «Finalmente sono libero di farlo», dice Silvano Dalla Libera, produttore di mais e vicepresidente di Futuragra, l’associazione di imprenditori agricoli che si batte per l’introduzione delle biotecnologie in agricoltura. A dargli la possibilità di seminare con prodotti Ogm il suo terreno è la sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 19 gennaio, che obbliga il ministero delle Politiche agricole a rilasciare entro 90 giorni l’autorizzazione alla semina di varietà di mais Ogm iscritte al catalogo comune. «Rispetto la sentenza del Consiglio di Stato, ma mi opporrò fino alla fine anche perché contrasta con la volontà dei cittadini: tre su quattro in Italia sono contrari ai cibi Ogm e alla loro coltivazione». Il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia a CNRMedia annuncia battaglia contro il verdetto del Consiglio di Stato, che dà il via libera di fatto alle coltivazioni di mais geneticamente modificato. «È ora che ci sia un’etichettatura etica - prosegue Zaia - per sapere cosa stiamo mangiando. Dove si coltivano gli Ogm i contadini non guadagnano di più; il mondo scientifico poi è spaccato a metà sui loro effetti; e se decidiamo di adottarli mettiamo l’agricoltura nelle mani delle multinazionali».

Sulla stessa linea anche Sergio Marini, presidente della Coldiretti: «Mantenere il territorio libero dagli organismi geneticamente modificati è un diritto sacrosanto della stragrande maggioranza degli agricoltori e dei cittadini e pertanto, se si dovesse rendere necessario, lo difenderemo democraticamente con referendum degli agricoltori, come previsto dalla raccomandazione comunitaria in materia di coesistenza degli Ogm con le altre coltivazioni».

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