Caso del Turco, tutti i buchi neri dell'inchiesta

Non c’è la prova che il presidente abbia incassato soldi. Dubbi sulla attendibilità della "gola profonda" Angelini: ha sperperato 120 milioni di euro in dipinti di Tiziano, barche e bella vita

Caso del Turco, tutti i buchi neri dell'inchiesta

nostro inviato a Pescara

Buchi neri, riscontri vacui, svarioni investigativi. Cominciano a vacillare le granitiche risultanze della prima ora. Anche perché nell'ordinanza d'arresto di Ottaviano Del Turco una sola intercettazione sembra dare conforto all'impianto accusatorio. Il resto è frutto delle sole dichiarazioni dell'imprenditore-pentito Vincenzo Angelini (e dei nastri da lui registrati) che quando s’accorge di rischiare la galera decide di collaborare. In extremis è passato da corruttore a concusso, ecco perché bisognerebbe andarci cauti sulla genuinità di certe dichiarazioni.
I conti non tornano
Il gip è chiaro: «Le indagini non hanno evidenziato sin qui situazioni atte a riscontrare incassi diretti di denaro contante in conseguenza delle dazioni effettuate dall'imprenditore Angelini». Ma c’è un però: «Tale circostanza, però, non è assolutamente idonea a inficiare l'ipotesi accusatoria». Il ragionamento è tortuoso, capzioso: se non c’è traccia che i soldi siano effettivamente finiti nelle tasche di Del Turco, vuol dire che li ha presi qualcun altro per suo conto. Allo stesso modo l'acquisto di tre case con i proventi della corruzione sarebbe riconducibile solo a «operazioni immobiliari non del tutto trasparenti». Da qui ad avere la prova ce ne passa. Perché se è vero che al presidente della Regione l'imprenditore Angelini ha versato tangenti per 6 milioni; se è vero che nei conti correnti del presidente non sono emerse cifre enormi fuori posto; se è vero che le intercettazioni di Del Turco sembrano andare tutte in una direzione sfavorevole all'accusa; se è vero anche che nelle «sospette» operazioni di giroconto per l'acquisto degli appartamenti di Del Turco c’è una fuoriuscita di liquidità al massimo di 1milione e 279mila euro (tre operazioni da 269mila, 576mila, e 453mila euro), la domanda sorge spontanea: ma dove sono finiti i restanti 4milioni 721mila euro di tangenti di Ottaviano Del Turco? La Gdf li cerca ancora.
Il moralizzatore?
Rispetto alle indiscrezioni della prima ora, il governatore non si attiva per far pressioni sugli inquirenti. A pagina 288 dell’ordinanza il gip riporta addirittura il contenuto di una telefonata di Del Turco, successiva all'audizione col Pm, dove il governatore discute della necessità di «verificare se vi siano state delle irregolarità, addirittura penali» nella seconda cartolarizzazione. «Voglio dei tecnici per vedere se c’è stato qualche errore, se ci sono stati dei comportamenti poco limpidi».
Il Tiziano e i 120 milioni spariti
C'è un verbale interessante che stranamente non viene inserito nell’ordinanza. È quello in cui l’imprenditore Angelini confesserebbe di aver «fottuto al suo gruppo» una cifra superiore ai 120 milioni di euro. E di aver sperperato il tutto acquistando, non si sa bene dove, quando e da chi, un quadro del Tiziano. «Il resto – dice - l’ho sperperato comprando barche, facendo la bella vita, perché anche in Tibet sanno che sono uno spendaccione». Per la Procura ciò dimostrerebbe che Angelini non può inventarsi un ammanco di 14 milioni avendone spesi 106 di più. Per la difesa, il discorso potrebbe dimostrare che i soldi delle tangenti posso aver preso ben altre direzioni.
La casa del procuratore
Si fa un gran parlare di beni immobiliari che l’indagato Del Turco avrebbe acquistato con soldi sporchi. Appartamenti per i figli, secondo un andazzo che la Procura intravede anche nel comportamento del deputato Sabatino Aracu. Eppure, quello dell'acquisto di una casa, è argomento scivoloso. Lo sa bene il procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, al centro di un’interrogazione parlamentare per aver comprato una villetta a Montesilvano da una persona indagata per usura ed estorsione dalla sua Procura. Scrive l’ex Udc Emerenzio Barbieri: «L’indagato Biagio Liguori avrebbe permesso l’acquisto a prezzo non commerciale di un immobile della società Vittoria srl, di cui è amministratore unico, con un mutuo a interesse di favore». Il procuratore spiega che non immaginava che la casa acquistata gli fosse stata venduta da un indagato: «L’ho saputo casualmente da un collega», precisa. E comunque «avevo già versato la caparra che avrei sicuramente perso qualora avesse rescisso il contratto. Al compromesso non conoscevo né l'imprenditore né la sua situazione giudiziaria». Non è così, secondo Barbieri: «Le affermazioni di Trifuoggi – dice - sono in contrasto con il fatto che sin dal 10-3-05 il procuratore aveva personalmente ricevuto una informativa (prot. N.5196/192/Gico Gdf) dove si descrive l'attività criminosa di Biagio Liguori» e i «suoi collegamenti con la criminalità campana» e «l’attività della società immobiliare Vittoria». La nota è firmata da Trifuoggi.
L’alloggio «segreto» di Ottaviano
Mentre la Guardia di finanza rintraccia l’appartamento intestato da Del Turco a una terzo persona - e ritenuto dagli inquirenti l’alloggio misterioso di cui parla il governatore sotto intercettazione -, sul Riformista un anonimo collaboratore di Del Turco apre il fuoco sul numero uno della Procura, evidenziando disparità di trattamento fra indagati della stessa inchiesta e di altri procedimenti.

Riferimento eccellente «all’amico del procuratore, il sindaco della città, Luciano D'Alfonso», segretario regionale del Pd, vicinissimo a Veltroni, solo «avvisato» (e dunque mezzo salvato) da Trifuoggi in due diverse inchieste aperte per corruzione, concussione, truffa aggravata e falso ideologico. Indagato e non arrestato, come chiedevano i due Pm titolari dei fascicoli.

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