In cassaforte ci sono oltre 870 miliardi di euro

Clienti facoltosi cercansi per investimenti su misura: l’industria del private banking ammonta a circa 870 miliardi, ma, stando all’analisi di PricewaterhouseCoopers, manca all’appello oltre il 40% delle famiglie più ricche, che ancora non si rivolgono a strutture dedicate. Vissuto fino al 2007 con progressi del 10% annuo, il settore ha affievolito lo slancio, per una crescita che nel prossimo triennio dovrebbe attestarsi tra il 2,2% e il 4,3 per cento. Oggi la clientela private, che possiede consistenze bancarie superiori ai 500mila euro, assomma a 728mila unità, delle quali 208mila superano il milione e 21mila oltrepassano la soglia dei sei. Patrimoni finanziari, ma anche immobiliari e artistici che devono essere valorizzati e accresciuti, con gli strumenti di family business e asset management, private insurance e lifestyle, personal concierge e private equity, nonché della consulenza immobiliare e legale: è l’affollata arena del private dove si confrontano 209 operatori (undici in più del 2007), in un quadro piuttosto frammentato ove i primi dieci si ritagliano circa il 23% del mercato. E se i clienti misurano la validità del proprio banker soprattutto sulla base del ritorno assoluto degli investimenti, l’offerta sembra faticare nel differenziare rispetto a proposte ormai standard. Consulenza indipendente è la parola d’ordine, che affiora nelle richieste di una clientela sempre più consapevole ed esigente, tanto più in un periodo come l’attuale, dominato dall’incertezza.
Ed ecco allora che da un lato si privilegiano prodotti strutturati con garanzie sul capitale e dall'altro ci si sposta verso investimenti alternativi, sostanzialmente slegati dagli indici dei mercati azionari e obbligazionari e utili per stabilizzare rendimenti e performance. Via via più sofisticate, le asset class alternative spaziano dalle commodity al private equity, senza dimenticare l’immobiliare, dall’arte alle valute e agli hedge fund a bassa volatilità: investimenti che necessitano di un orizzonte di lungo termine, considerandone la difficile liquidabilità nel breve, e che gli operatori consigliano ormai all’unisono per una quota dei portafogli attorno al 20%. La battaglia più dura infuria sulla fidelizzazione e si gioca facendo ricorso all’intero spettro consulenziale, finanziario ma anche legale e successorio, e pure relativo ai patrimoni immobiliari e artistici.

Per l’art banking, in particolare, appropriate consulenze indipendenti sono la chiave per diminuire i rischi nelle compravendite e gestire al meglio le collezioni. È recente il lancio di un nuovo Osservatorio, con cui l’Aipb, l’associazione del settore, intende monitorare il mercato.

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