Cassazione stupefacente: «Se sei rasta puoi detenere tutta la marijuana che vuoi»

Polemiche dopo la clamorosa sentenza che ha scagionato un adepto sorpreso con un etto d’erba: «Il fumo gli serviva per meditare»

Altro che modica quantità. Gli spinelli non possono essere contati col prosaico contagocce delle tabelle ministeriali. No, 97 grammi di marijuana, più o meno un etto, sono un invito alla preghiera e alla contemplazione. I cattolici tengono fra le mani le candele e sgranano il rosario? Benissimo. I rasta, invece, fumano. Caspita. Proprio per questo vanno rispettati. Dunque, se siete simpatizzanti, con le treccine alla Bob Marley per intenderci, rilassatevi. Una medaglia forse non ve la daranno, ma le manette non ve le metterà nessuno.
È la sesta sezione della Cassazione a spiegarci l’antichissima novità, perché gli ermellini la prendono da lontano e ci informano che la marijuana cresceva sulla tomba di Re Salomone. Dunque, lo stesso quantitativo che a bordo dell’auto di un ragazzotto delle nostre periferie sarebbe indizio grave di spaccio, sulla macchina di un rastafari ortodosso è solo la controprova di un’anima devota. Giuseppe G, 44 anni, l’aveva pure spiegato ai carabinieri di Perugia che l’avevano pizzicato con 97 grammi sul sedile. Lui aveva detto che quelli erano solo gli ingredienti del suo misticismo. Aveva fatto presente che lui non era un volgare spacciatore; no, gli spinelli gli servivano per aprire i lucchetti dell’anima e liberarla verso le regioni celesti.
In Tribunale e in Corte d’appello gli avevano risposto con un sorrisetto di compatimento e gli avevano affibbiato 1 anno e 4 mesi in nome del popolo italiano.
La Cassazione, invece l’ha preso sul serio. L’erba, ci fa sapere, è erba sacra e quello che per noi è solo un viaggio, per i rasta è un traghettamento verso altri lidi. Di qui, la bacchettata ai giudici di Perugia che hanno condannato il pio Giuseppe solo sulla base del «semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza» che più o meno valeva 70 spinelli. I magistrati umbri non hanno capito: «Secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marijuana non è utilizzabile solo come erba medicinale, ma anche come erba meditativa, come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico teso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che l’erba sacra sia cresciuta sulla tomba di Re Salomone». Certo, la legge è uguale per tutti, ma dalle parti della Cassazione sanno anche che per milioni di persone l’imperatore Hailé Selassié, il Cristo Nero, è la reincarnazione di Gesù. E allora i nostri parametri diventano carta straccia. La condanna è stata annullata e Giuseppe sarà processato di nuovo davanti alla Corte d’appello di Firenze. Si aspettano ora gli standard di altre confessioni religiose.
Nell’attesa, si registra il solito sciame di commenti. Crudo, anche più del solito, il capogruppo di An al Senato Maurizio Gasparri: «Spesso arrivano sentenze bizzarre. Oggi scopriamo che un rasta può girare con la droga.

Se uno fosse di una religione che permette di mangiare i figli gli diranno che lo può fare?». Al Dipartimento per le politiche antidroga sono esterrefatti: «Siamo alla stravolgimento della normativa vigente». Sul filo del sarcasmo, invece, il radicale Marco Perduca: «I cattolici trovino un santo cui votarsi».

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