Deserto giordano, un centinaio di chilometri a est della capitale Amman: migliaia di profughi siriani si affollano nel campo di Azraq, gestito dal Commissariato Onu per i rifugiati. Vengono dalle parti più disparate del Paese, ognuno ha la sua storia di bisogno e sofferenza e le organizzazioni internazionali forniscono a tutti cibo e sussidi. Per gestire il complesso reticolo di rapporti su cui l'attività del campo si basa, dalle cure sanitarie all'assistenza finanziaria, è stato messo in piedi un sistema che è anche un esperimento: a ogni ospite viene scannerizzata l'iride, che si trasforma così in una carta d'identità digitale. Ogni evento personale viene annotato, non in un registro specifico conservato nel campo, ma in una sorta di libro mastro informatico accessibile attraverso i nodi di Internet e ospitato su computer anche a migliaia di chilometri di distanza. L'enorme «quaderno» digitale che racconta la vita degli abitanti del campo è costruito in modo da essere inviolabile e non falsificabile: è registro degli eventi ma anche prova del fatto che sono avvenuti. A ogni operatore basta collegarsi via web per sapere tutto, e con sicurezza, su chi ha di fronte, dalle vaccinazioni che ha fatto ai sussidi che ha ricevuto.
SOLDI E BUONE AZIONI
Il sistema informatico che si sta rivelando così utile in un caso di emergenza umanitaria ha una caratteristica a prima vista strana: è parente stretto dei bitcoin, la moneta digitale, creata e scambiata via Internet (vedi anche l'articolo a fianco). L'affinità nasce da un fatto semplice: entrambi si basano su una tecnologia, chiamata blockchain, che secondo gli analisti più entusiasti è destinata a cambiare non solo l'economia ma anche la vita quotidiana. Una rivoluzione iniziata proprio con i bitcoin e che ora sembra pronta a coinvolgere altri settori: la cosiddetta blockchain viene usata per disegnare nuovi prodotti assicurativi e finanziari, per garantire i passaggi lungo le filiere alimentari, per certificare i rapporti tra aziende produttrici e distributrici. Un osservatorio dal nome esotico, «Blockchain & Distributed Ledger» ha censito in Italia 150 progetti già avviati. Nella Penisola il tema ha anche una coloritura politica: tra i sacerdoti più convinti della nuova parola d'ordine digitale c'è Davide Casaleggio, deus ex machina del movimento grillino, che ha orientato proprio sulla blockchain il business della Casaleggio Associati, puntando su seminari e attività di consulenza rivolti alle aziende. Sarà un caso ma anche il Ministero dello Sviluppo economico, guidato dal vice-premier Luigi Di Maio, ha deciso di schiacciare l'acceleratore: in gennaio ha nominato una commissione di 30 esperti per definire la strategia nel settore, mentre il decreto Semplificazione ha introdotto una prima normativa. Un'apprezzabile dimostrazione di modernità, secondo alcuni, mentre per altri si tratta solo dell'ultima tecno-illusione di un governo che in campo economico non brilla per concretezza.
BLOCCHI A INCASTRO
Spiegare (e capire) la nuova tecnologia è, per i non addetti ai lavori, una specie di sesto grado. In termini generali si può partire da un cambio di prospettiva. La vita di ciascuno di noi è certificata da una serie di «registri» che testimoniano quello che siamo e quello che facciamo: dall'anagrafe del comune, agli uffici del catasto che annotano i beni immobiliari di cui siamo proprietari. Anche le banche tengono dei registri, quelli che dimostrano la titolarità di un conto corrente e la nostra solvibilità. In tutti i casi il registro è tenuto da un «terzo certificatore» rispetto ai protagonisti di un evento o di uno scambio (basta pensare ai documenti conservati al catasto nel caso di una compravendita immobiliare).
La blockchain cambia tutto perchè consente di registrare eventi, scambi e transazioni senza che sia necessario l'intervento di una terza parte. A fare, per così dire, da notaio è Internet stessa, su cui gli eventi vengono registrati. La parola inglese blockchain, letteralmente «catena di blocchi» o elementi, nasce dal fatto che la tecnologia è basata su sequenze di programmi incastrate tra loro così da rendere immodificabile e non falsificabile quanto scritto. Per intuire di che cosa si tratta c'è chi suggerisce di pensare alle confezioni di matite o di pennarelli che vengono venduti in commercio: i colori sono in un ordine preciso, di solito dai più chiari ai più scuri. Se se ne toglie uno la mancanza non è sempre identificabile, ma se si decide per convenzione di partire da un colore fisso e se ogni pennarello successivo viene «segnato» con una piccola stellina che riporta il colore precedente, si ottiene una catena intoccabile, visto che l'eventuale «buco» può essere subito notato. Le informazioni registrate sono dunque immodificabili (al massimo se ne possono aggiungere di nuove) e tutto viene protetto da codici crittografici. L'effetto è quello di una specie di cassaforte digitale: per condividere e controllare informazioni ogni utente del sistema deve avere accesso a due «chiavi» di codifica e decodifica, una privata e l'altra pubblica.
L'aspetto sotto certi aspetti più sorprendente è che il nuovo tipo di «registro» può essere «distribuito», e cioè non stare più su un solo computer, ma su tanti pc collegati via Internet. «L'analogia più immediata che si può fare è quella con i sistemi di condivisione dei file come BitTorrent», spiega Marco Monaco, responsabile dell'area blockchain della società di consulenza PwC, membro della Commissione creata dal Ministero dell'Economia. «I file non stanno su un unico server ma si basano su un sistema decentralizzato e coordinato».
REGISTRI DIFFUSI
Tanti «nodi» internettiani diversi sono dunque garanti del «registro» e un'applicazione comune basata su complessi algoritmi consente di fare in modo che tutti i nodi provvedano a registrare solo le annotazioni corrette. Il risultato è che la Rete fornisce un sorta di «bollo digitale» con tanto di identificazione temporale. Internet, spiegano Michael Casey e Paul Vigna, autori di «La macchina della verità», pubblicato da Franco Angeli, «codifica il fatto che una certa azione abbia avuto luogo a una certa data e lo fa in un modo per cui la registrazione di quella transazione non può essere modificata da nessuno che si tratti di individui o di governi».
«Un elemento fondamentale è il cosiddetto time stamping, il bollo temporale», dice Monaco. «Una banca italiana sta, per esempio, realizzando un sistema di controllo di tutti gli accessi da parte dei propri tecnici al sistema informatico. È un tema delicato: teoricamente chi agisce sul cervellone di una banca potrebbe avere accesso ai conti dei clienti e poi cercare di cancellare il proprio intervento. Con la blockchain su Internet rimarrà per sempre l'indicazione di chi ha fatto cosa e in che ordine».
«Come in tutte le cose bisogna distinguere la moda dalla sostanza», aggiunge Edoardo Demarchi, partner della società di consulenza Roland Berger. «Oggi le applicazioni sono soprattutto potenziali. Le situazioni più interessanti sono quelle in cui più soggetti di una transazione economica devono tenere conto ognuno delle azioni dell'altro». Non è un caso che la blockchain venga già applicata da molte aziende della grande distribuzione per tracciare la storia e i trasferimenti dei prodotti alimentari. Il colosso francese Carrefour segue così passo passo, dalla produzione all'arrivo nel punto vendita, una serie già ampia di articoli: dalla carne al formaggio, dai polli al latte.
NAVIGO QUINDI SONO
Il sistema consente di concludere anche i cosiddetti smart contract, in cui verificatosi un certo evento si generano in automatico determinate conseguenze. La compagnia assicurativa francese Axa ha messo a punto una polizza, Fizzy, che viene venduta insieme ai biglietti aerei. Al momento dell'acquisto si registra la transazione su una piattaforma blockchain collegata col database che registra orario di partenza e arrivo di voli nel mondo. Se ci sono state anomalie e il passeggero ha diritto a un risarcimento il sistema genera subito il versamento senza bisogno di richieste o altro intervento umano.
«L'applicazione dal maggior impatto sarà però quella legata all'identità digitale», dice Monaco. Già oggi in Italia chi ha il cosiddetto codice Spid può collegarsi con i cervelloni di molte istituzioni pubbliche che lo riconoscono immediatamente.
Ma per avere lo Spid bisogna passare attraverso un certo numero di provider autorizzati. In futuro non sarà più così. Usando la blockchain registreremo su Internet tutti i nostri dati e sarà la Rete a fare da anagrafe del mondo.
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