Quando entriamo nella stanza, non si muove foglia. Io dico che Maurizio Balocchi non c'è. Ma Mirella Contegreco, vivace portavoce che mi fa da guida, si ferma sicura davanti allo scrittoio semibuio. «È arrivato il giornalista», annuncia a un'ombra seduta. La sfinge non reagisce. Rigida nell'abito blu, con una cascata distintivi sul bavero, sembra un generale dell'Armata rossa in posa meditativa. Ha lo sguardo perduto nelle brume, capelli lisci pettinati all'indietro, le mani poggiate sul piano. Deduco si tratti del sottosegretario all'Interno e Tesoriere della Lega. «Perna, Balocchi», ci presenta allegra Mirella. La statua si anima, si fa per dire. Solleva cinque dita e le mette con cautela nelle mie. Poi torna di ghiaccio. Pare il film «Tutankhamon, la fanciulla e l'intruso». Siedo rabbrividendo e apro il blocchetto di appunti.
«Sentiamo», fa lui con voce remota.
«Ooohh. Ma lei è sempre così?», esclamo.
«Sentiamo» ripete quel mostro di simpatia.
«Be, intanto mi dica che sono tutti quei gagliardetti sulla divisa?», mi secco.
«Il distintivo della Lega, quello di parlamentare e altri connessi alla mia funzione qui al Viminale», dice e guarda dritto davanti a sé.
«Specifichi, prego», dico cercando di scuoterlo.
«Uno dei vigili del fuoco, di cui sono responsabile. Un altro della polizia. Il terzo dei carabinieri. L'ho ricevuto a una loro manifestazione. Un generale vedendo che alla giacca mancava il distintivo dell'Arma, mi ha detto: "Ce l'ha con noi?". Si è tolto il suo e me l'ha attaccato», dice con qualche calore, ma insufficiente per un'intervista.
«Io le sarò antipatico, ma lei è un robot», scatto.
«Lei fa presto a fare il pimpante, signor giornalista. Ma lo sa il guaio che ho avuto?», scatta lui.
«Sono tutt'orecchi», dico io.
«Lo vede che devo camminare col bastone?» e indica la terza gamba appoggiata alla sedia.
«Ai sedentari di 63 anni può succedere», minimizzo.
«Ma vada a farsi benedire. Sono reduce da una setticemia galoppante al piede. Un'infezione presa in due giorni durante le vacanze facendo il tragitto albergo-spiaggia su un pontile di legno. Era l'8 agosto e i medici al mare pensavano di dovermi amputare il piede», dice accendendosi al ricordo.
«Invece?», dico con apprensione.
«Devo essere grato a una dottoressa napoletana... ».
«Dura per un padano», osservo.
«Ovvietà di giornalista. La napoletana mi ha curato ogni giorno, compreso ferragosto, e ha bloccato il male. Conclusione: amputato solo il mignolo», dice rassegnato, ma su di giri Balocchi.
«Ce l'ha coi giornalisti. È evidente».
«Ho in corso 45 querele. L'ultima al Corriere della Sera che si è inventato uno scambio di mogli... ».
«Ahi, bricconcello"
«Ma la pianti! Sa che cosa ha scritto? Che ho assunto una signora nella mia segreteria in cambio dell'assunzione di mia moglie alla Camera. Si dà il caso che lei sia a Montecitorio dal '92, prima ancora che ci sposassimo. Ho incaricato un avvocatone. Li faccio neri», digrigna Balocchi con accento tosco-ligure, essendo fiorentino di nascita, ma di stanza a Chiavari da anni. Qui ha trovato la sua strada: amministrare condomini. Ha fondato l'Aiaci, associazione di categoria, presiedendola per decenni in connubio con la prima moglie. Poi divorzio, cotta per la Lega, approdo a Montecitorio, seconde nozze e deputato altre due volte. Nel 2001, sorpresa: trombato.
«La carica di sottosegretario è un contentino?», chiedo con gentilezza.
«Contentino un corno: ho preso il 48 per cento dei voti. Ho perso per un soffio, causa lite nella Cdl. Sono al Viminale per restare nell'ambito parlamentare. Se no, tornavo a fare quello con cui ho campato 40 anni», dice con dignità.
«Il ministero dell'Interno è il simbolo stesso dello Stato unitario. Da federalista, la imbarazza starci?».
«Per nulla. Il federalismo è avvicinarsi al popolo, salvaguardando lo Stato. Federalisti e patriottici. Come in Usa e Svizzera, i miei modelli».
«Cos'era prima di leghista?», mi impiccio.
«Militavo nel Pli».
«Col leggendario Alfredo Biondi, vicepresidente Camera?».
«L'ho portato io in Parlamento da segretario provinciale pli di Genova».
«Poi Bossi è sceso dai cieli».
«L'uomo di cui mi fido ciecamente».
«Fidarsi ciecamente non è da liberali», osservo.
«Quando si abbraccia la politica di Umberto, subentra la fede nei suoi ideali. E come quando sei cristiano o musulmano: credi in qualcosa che non tocchi con mano».
«Come si è ridotto così?», lo compiango.
«Quando vedi i risultati ottenuti da quest'uomo, ci arrivi. Mentre gli altri dicono dieci, lui rilancia: cento. I primi tempi sei scettico, pensi che sia un pallone gonfiato. Due mesi dopo, scopri che ha ragione lui. Dopo tre, quattro volte che succede, ti abbandoni e credi a ogni suo gesto», apostoleggia Balocchi.
«Oggi, Bossi è più un simbolo che un capo», azzardo.
«Ha meno forza nella voce, ma il cervello lo ha recuperato al cento per cento. Quando mi vede non chiede: "Come stai?", ma "Quanti soldi abbiamo?". Oggi, ha più bisogno di ascoltare, è più democratico, ma il comando è suo. In politica, è il cervello che conta», e Balocchi punta il dito sulla tempia. Non fa più l'effetto marmo. Frizza.
La Lega ha ottenuto la devolution. Non ha più oggetto sociale.
«Abbiamo avuto la metà di quello che vogliamo. Dal 2006, si parte col federalismo fiscale. Se no, tutto resta zoppo. Poi ci sono la difesa dei prodotti regionali, della famiglia, ecc. ».
Sulla famiglia si sono buttati tutti.
«Vigileremo sull'invadenza gay. Vorrei che si strusciassero le loro cose in casa, senza metterle in piazza».
I ribelli valsusotti sono egoisti o eroi padani?
«Il territorio è importante. Ma conciliato con l'interesse nazionale».
Difendono il localismo. Sono figli vostri.
«Noi non facciamo vandalismi. È la sinistra che predica in un modo e razzola in un altro. I locali vanno ascoltati, purché abbiano proposte concrete, non solo odio verso il governo. Il progetto Tav è di Prodi. Perché i disordini quando lo realizziamo noi?».
Con l'aria che tira, anche per il nucleare campa cavallo.
«È ora di riaprire la questione nel rispetto delle popolazioni. Ma senza solfa della sicurezza, problema risolto».
Pullulano immigrati malavitosi. La Bossi-Fini è un colabrodo.
«Colabrodo è l'applicazione da parte di magistrati e forze di sinistra. La legge resta un baluardo. Oggi non si può rientrare clandestinamente all'infinito. La terza volta, si va in galera».
Stupri a iosa. Castrazione chimica calderoliana?
«La castrazione è niente rispetto al dramma della donna violentata. Non è persecuzione di innocenti, ma impedire al malato di fare altro male».
I tre arabi accusati di terrorismo e scagionati da una giuria popolare?
«La gente, giurati inclusi, è influenzata dai giornali di sinistra, il 90 per cento, che negano l'esistenza del terrorismo islamico».
La Consulta islamica di Pisanu ci proteggerà dagli attentati o è fuffa?
«Non so. Non ho collaborato al suo insediamento. Vedremo».
Lei è capo dei vigili del fuoco e della Protezione civile. Un doppione di quella di Bertolaso?
«Nelle emergenze, i vigili partono all'istante. Poi, subentra Bertolaso. Gli diamo tempo per organizzare il materiale di soccorso».
Bertolaso: capace o presenzialista?
«Valido e altrettanto sapiente come comunicatore tv. Mi ha mai visto andare in tv per dire ho fatto così e colà? Ma anche quella è bravura. Infatti, Bertolaso ha più mezzi dei vigili».
Lei qualcosa ha fatto?
«I sei governi precedenti hanno aperto 38 distaccamenti di Vv. Ff. Io, in quattro anni, tre volte tanti: 83. In arrivo, altri 54».
Lei è assiduo nel presentare leggi per aumentare soldi ai partiti. Non eravate voi a dire «Roma ladrona»?
«Tre leggi in 14 anni, firmate da tutte le formazioni. Ho dato trasparenza al finanziamento, obbligando i partiti alla partita doppia».
Il virtuoso Di Pietro l'ha bollata.
«Il virtuoso, predica bene e razzola male. E stato tra i primi a firmare le leggi. Se è così schifato, bastava non prendesse i soldi».
Lei era nel Cda della Banca Euronord. Un bel buco.
«Venduta a prezzo reale al Bpi. Nessuno ha preso più del dovuto. La Lega, ora, non ha più banche di riferimento. Meglio. Bisogna essere del mestiere».
Vero che lei è proprietario di sale Bingo?
«Lo sono stato, purtroppo. Ci ho rimesso quattro miliardi di lire. Ho liquidato una proprietà in Sardegna e casa di montagna. Su 280 sale Bingo aperte, 212 sono fallite. Una brillante invenzione di D'Alema».
Sono venute di moda le tre punte. Un trucco di Fini e Casini per imbrigliare il Cav?
«Non capisco: tre punte? Semmai quattro con Bossi. Ma noi siamo convinti che il leader Cdl sia Berlusconi».
Il Cav ha fatto il suo tempo?
«Per ora, no. Se poi si stufa tra sei anni, non so. Non lo considero affatto un uomo finito».
Che pensa del Cav?
«Io penso attraverso Bossi. Se lui stima Berlusconi, per me vale quello che lui ritiene».
Se nel 2006 vince la sinistra?
«Un dicastero andrà certamente ai no global incappucciati. Vedremo al Tg un ministro col passamontagna».
Che si aspetta da Prodi a Palazzo Chigi?
«Non è un uomo nuovo. Ha già dato le sue misure. Purtroppo».
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