Castelfusano, incendio nella pineta

Un Vietnam sul mare di Roma. La pineta di Castelfusano ancora una volta in fiamme. Almeno 80 ettari di bosco, alberi e macchia mediterranea inceneriti, centinaia di animali selvatici carbonizzati. Evacuate decine di abitazioni, chiusi per ore i collegamenti stradali con la capitale. E la Procura antimafia apre l’ennesima inchiesta sui piromani che hanno appiccato il rogo in almeno tre zone, ieri mattina, della Riserva Statale del Litorale. Le prove? Vecchi copertoni imbevuti di benzina che sono stati sequestrati.
Polemiche a non finire e responsabilità tutte da chiarire sul mancato coordinamento dei mezzi di soccorso, giunti sul posto con oltre due ore di ritardo. Come il primo Canadair regionale che è riuscito a sorvolare l’area oramai devastata dal rogo solo dopo le ore 13.04 mentre la prima richiesta d’intervento viene lanciata dalla sala monitor di Pantano, nel cuore della pineta, alle 11.28.
Secondo una prima ricostruzione gli operatori del servizio giardini avvistano una colonna di fumo dalla torretta antincendio di Tumuleti. Una postazione che solo all’indomani del luglio 2000 è stata dotata di operatori per 24 ore al giorno e telecamere a infrarossi. In contemporanea il «fumetto», come viene definito dai dipendenti comunali, viene registrato a Pantano, ovvero nella sede di via Martin Pescatore. «Alle 11.28 il fumo si alzava dalla pineta nella zona della via Severiana alimentato dal forte vento di maestrale. Abbiamo subito contattato la sala interforze, la Forestale ci ha detto di attendere. Dopo un nostro sollecito ci hanno fatto partire con la nostra autobotte alle 11.50». Dunque si attivano le 5 autocisterne comunali e la speciale unità boschiva dei vigili del fuoco, distaccata dall’1 luglio a Ostia. A questi si aggiungono i volontari della Protezione civile regionale che fanno l’impossibile per contenere il fronte del fuoco. Quando arriva un elicottero le fiamme hanno già circondato l’area tra la Colombo, via della Villa di Plinio, via del Gran Pavese.
Ore 13.04: è la volta della zona attorno l’ex Dazio e della «Bella Signora», in via del Circuito. A quel punto, e solo allora, ai tre elicotteri si aggiungono due Canadair. Tonnellate d’acqua prelevate dal mare e dal Canale dei Pescatori, alla fine, hanno la meglio. Una vittoria di Pirro. Ovvero una nuova catastrofe per il polmone verde di Roma semidistrutto nel grande incendio del 4 luglio 2000: 380 ettari su un totale di 1200 ettari dell’intera riserva annientati in un maledetto pomeriggio di scirocco. Nonostante i milioni di euro spesi per la riforestazione e un piano antincendio che, di fatto, non funziona, Castelfusano brucia ogni estate.
Decine i focolai dall’inizio della stagione, tutti di natura dolosa. Tanto che la scorsa settimana la Procura di Roma ha riaperto il fascicolo, mai archiviato, sugli attentatori di Ostia. «Ci provano in mille modi a distruggere la pineta - spiegano gli agenti del Nipaf, il Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale - in giornate secche e ventose come questa bastano inneschi rudimentali ma efficaci». La Forestale ha più volte segnalato all’antimafia il sospetto di un disegno criminale per radere al suolo il bosco. Centinaia di prove, come i pezzi di nastro adesivo rinvenuti sui rami per segnalare la presenza di un innesco pronto all’uso. E persino qualche arresto in flagranza di reato.

Clamoroso quello di un uomo di Torre Annunziata beccato nel bel mezzo della macchia con in mano un accendino usa e getta e sei milioni di vecchie lire in tasca. Oscuro il movente, comunque legato a interessi a sette zeri.

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