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Castelli: "Battaglia giusta, lo diciamo da 20 anni"

Il viceministro alle Infrastrutture: "Se si vuole abolire il canone bisogna privatizzare la tv pubblica Viale Mazzini sa solo deformare, disinformare e fare propaganda politica. E chiede pure i soldi"

Castelli: "Battaglia giusta, lo diciamo da 20 anni"

Milano - Si considera una generazione avanti: «Il Giornale propone la disdetta del canone Rai. Modestamente, noi della Lega predicammo lo sciopero del canone nell’indifferenza generale quasi vent’anni fa. Finalmente».

Vuol dire che l’onorevole Castelli non versa il canone?
Roberto Castelli, ex Guardasigilli e oggi viceministro per le Infrastrutture, medita bene prima di rispondere: «Diciamo che non l’ho pagato negli anni Novanta».

Perché?
«All’inizio degli anni Novanta la Lega non era ingombrante com’è oggi».

Dunque?
«Dunque ci rovesciavano addosso, attraverso il servizio pubblico, tonnellate di falsità».

Lo stesso problema di oggi?
«Lo stesso drammatico problema. Irrisolto. Pensi che alla vigilia delle elezioni un Tg sparò una notizia incredibile».

Quale?
«Disse che alcuni militanti leghisti avevano preso un ragazzo e gli avevano messo al collo un cartello con la scritta: “terrone”. Ovviamente, quel Tg si era inventato una notizia che non c’era e non stava da nessuna parte».

È l’uso politico del servizio pubblico?
«E la falsificazione spudorata della realtà. Con un’aggravante: il pagare per essere insultati, offesi, trattati con disprezzo. Io non ci sto».

E allora?
«Un attimo. Le racconto un episodio per capire. I Tg continuavano ad ignorare la Lega. Così una minidelegazione comprendente il sottoscritto fu ricevuta dall’allora presidente della Rai, Roberto Zaccaria».

Risultato?
«Alle nostre osservazioni, lui rispose prendendoci per i fondelli. Disse che assicurava un terzo del palinsesto alla maggioranza, un terzo all’opposizione e un terzo al governo».

Lei?
«Gli risposi più o meno così: “Scusi, ma se non sbaglio maggioranza e governo appartengono alla stessa area politica. Sono la stessa cosa”. Lui ci congedò invitandoci a rivolgere le nostre eventuali doglianze alla Commissione di Vigilanza, dove la sinistra, tanto per cambiare, era in maggioranza. Capisce, la Rai è stata guidata da personaggi come Zaccaria che, un minuto dopo aver lasciato la poltrona, ha cominciato ad attaccare con toni barricaderi Berlusconi».

Come se ne esce?
«La nostra battaglia negli anni Novanta fu particolarmente dura. Un militante leghista finì addirittura in cella. In cella, dopo essersi rifiutato di pagare il canone. Per fortuna, quei tempi eroici sono finiti, o almeno lo spero, ma il problema è intatto. Apprezzo il vostro sciopero del canone se ciò servirà da stimolo per risolvere questa situazione una volta per tutte. Semmai, siete in ritardo».

Lei oggi è un uomo di governo.
«Una soluzione potrebbe essere quella di privatizzare la Rai. Così non ci sarebbe più il servizio pubblico, nessuno pagherebbe più il canone, il pluralismo sarebbe garantito dal mercato».

Si farà?
«Non credo».

Alternative?
«Ci sarebbe una soluzione che mi diverte».

Quale?
«Importare il modello Hyde Park. Creare un angolo dove chiunque può dire la sua».

Sta scherzando?
«Mi piacerebbe molto. Ma temo non sia fattibile. Chi stabilirebbe i tempi e la successione degli interventi? La mia è un’utopia».

La realtà fa infuriare migliaia di italiani.
«Certo, tenga presente che la stragrande maggioranza dei giornalisti Rai è di sinistra. È un dato culturale che diventa un problema politico. Così, a parte Santoro che mi sta pure simpatico, c’è tutto un treno di trasmissioni che lasciano il telespettatore a bocca aperta. Perché deformano, dicono le cose a metà, disinformano. In una parola, fanno propaganda politica e non informazione. E poi, come se non bastasse, ti chiedono anche i soldi».

Finirà questa storia?
«Non lo so. Ma il Giornale fa bene a richiamare con forza l’attenzione generale su questo problema. In tv scorrono troppi programmi che sono solo comizi, di una faziosità e di una partigianeria senza limiti. E qualche ammaccatura addosso te la lasciano: noi della Lega siamo cresciuti nonostante le televisioni, ma non è stato facile.

All’inizio una parte dell’opinione pubblica ci giudicava male, per quello che non eravamo, perché ci conosceva solo attraverso le televisioni».

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