Politica

Castelli: i Ds sono al servizio delle toghe rosse

L’Unione replica duramente al Guardasigilli: «È stato il peggiore della storia della Repubblica»

Anna Maria Greco

da Roma

La politica è «subalterna» alla magistratura. Oggi ci sono toghe «militanti che alzano il telefono e impartiscono disposizioni a importanti esponenti dei Ds». Roberto Castelli attacca a testa bassa e il suo obiettivo è sempre lo stesso: la magistratura organica alla sinistra. Il ministro della Giustizia, al programma Superpartes di Rete 4, aggiunge: «Ovviamente - dice - non so cosa si dicano, so che si consultano molto, sono molto ascoltati, mettiamola così, quindi ci sarà ancora questa subalternità della politica rispetto alla magistratura».
Malgrado questo, Castelli è convinto che la forza dell’Anm e delle correnti non sia sufficiente a far cambiare le riforme per la giustizia varate dalla Cdl ad un eventuale governo-Prodi. L’Unione le ha sempre avversate «per partito preso e quindi per boicottaggio», ma adesso è ben lieta che altri abbiano imposto quei cambiamenti così sgraditi alla corporazione delle toghe. «La sinistra sa - spiega il Guardasigilli - che avevamo la forza e la possibilità di fare queste riforme che loro non potevano fare perchè subalterni alla magistratura».
Non che Castelli sia pessimista sull’esito delle elezioni: pensa anzi che Romano Prodi perderà, considera «sbagliati» i sondaggi che lo danno in vantaggio e «stupefacente» l’appello del Professore alla collaborazione, dopo 5 anni di «guerra totale» al governo. Il filo rosso che lega forze di opposizione e toghe militanti per Castelli è dimostrato anche da vicende come la candidatura nelle liste Ds dell'ex procuratore di Milano Gerardo D'Ambrosio. Una sorta di smascheramento che il ministro leghista paragona all'editoriale con il quale il direttore del Corriere della Sera si è apertamente schierato con l’Unione. «Credo che l'operazione D'Ambrosio sia molto simile a quella di Mieli: persone che da sempre sono state a sinistra, a capo di importanti strutture che si mettevano di fronte al paese come super partes, in realtà poi si sono dichiarate. Ho detto di essere lieto di queste loro mosse perchè finalmente chiarivano anche agli italiani che questi organismi, il giornale più importante d'Italia e una procura importantissima, non sono mai stati super partes ma erano connotati politicamente».
Dure critiche alle toghe anche dal vicepremier Gianfranco Fini, secondo il quale «il rapporto con la magistratura va ricostruito». Usando le parole di Carlo Azeglio Ciampi, il leader di An afferma che «molti segmenti della magistratura, non solo non hanno sentito il dovere diessere imparziali ma nemmeno di apparire tali».
All’attacco del Guardasigilli replica il leader dei Ds, Piero Fassino. «Alla rozzezza della Lega - dice - non c'è limite, ma ci siamo abituati. Castelli ha pensato di aggravare, se possibile, quello che ha detto Berlusconi, ma la cosa si commenta da sè». Il discorso s’incarica di ampliarlo Vannino Chiti, coordinatore della segreteria nazionale Ds, che risponde all’accusa con altre accuse. Definisce Castelli «un pessimo ministro della Giustizia, forse il peggiore della storia della Repubblica», come dimostra quello che ha fatto e conferma quello che ha detto anche ieri. Dice che confonde «la difesa dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura con la subalternità ad essa» e lo invita a preoccuparsi delle intercettazioni telefoniche e degli spionaggi che hanno riguardato «ambienti a lui alleati». «Quanto a D'Ambrosio - conclude -, preferiamo avere in lista personalità come lui, anzichè chi è amico o contiguo a qualche boss della criminalità». Reagisce anche l'Anm, per bocca del segretario Nello Rossi, pur precisando che «queste dichiarazioni non possono essere commentate perchè prive di contenuti». Ma un punto ha colto nel vivo il «sindacato» delle toghe: quello sulle riforme che non sarebbero cancellate dall’Unione. «Il ministro - dice Rossi - immagina di aver consegnato ai suoi eventuali successori una macchina ordinamentale efficiente e funzionante. Non è così: la riforma di cui lui ha favorito l'approvazione non è in grado di muovere un passo ed e è capace invece di creare tensioni straordinarie, senza risolvere problemi».


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