Salvato nel centocinquantesimo anniversario dellUnità dItalia. Perché fa parte della memoria storica del nostro Paese come la quercia di Pinocchio. Ma stavolta si tratta di un frassino, quello sul quale il 20 maggio del 1859 si arrampicò la piccola vedetta lombarda, il dodicenne celebrato nel libro «Cuore» da Edmondo De Amicis. Lalbero, alto una decina di metri e che sorge accanto alla tangenziale in zona Campoferro, ha rischiato di essere abbattuto a causa di un cattivo stato di salute per lincuria in cui era stato lasciato in questi anni. Ma la provincia di Pavia ha deciso di intervenire con una squadra di operai che hanno tagliato i rami secchi che rischiavano di cadere sulla tangenziale mettendo a repentaglio la vita degli automobilisti.
Solo pochi anni fa, grazie allo studio di due storici, Daniele Salarno e Fabrizio Bernini, è stato possibile scoprire lidentità del ragazzino celebrato in «Cuore»: si chiamava Giovanni Minoli, era nato il 23 luglio del 1847, e morto a 12 anni dopo sette mesi di agonia per la ferita di una palla di fucile. Abitava proprio vicino allalbero ed era stato arruolato come vedetta dallesercito franco-piemontese. Durante la battaglia di Montebello era salito sullalbero per osservare i movimenti delle truppe austriache ma una pallottola lo aveva raggiunto al petto.
«In pochi momenti il ragazzo fu sulla cima dellalbero, avviticchiato al fusto, con le gambe fra le foglie, ma col busto scoperto, e il sole gli batteva sul capo biondo, che pareva doro», scrive nel racconto De Amicis. «Lufficiale lo vedeva appena, tanto era piccino lassù . Guarda dritto e lontano, gridò lufficiale. Il ragazzo, per veder meglio, staccò la mano destra dallalbero e se la mise alla fronte». Del piccolo eroe non cè la tomba: dopo sette mesi di agonia tra i soldati feriti, le sue spoglie non erano state richieste neppure dalla famiglia di contadini che lo aveva adottato.
Già in passato, quando venne progettata la tangenziale di Voghera, aveva rischiato di essere abbattuto ma in quelloccasione venne salvato dallintervento dei cittadini che costrinsero i progettisti a modificare leggermente il tracciato. «Ricordo - ha spiegato lassessore provinciale pavese al Territorio, Michele Bozzano - che allora ci fu una mobilitazione generale. Non potevamo permetterci ora di perderlo per incuria».
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