Roma - Nell’aula ovattata di palazzo Madama, Berlusconi suona la carica: «Andremo avanti fino al 2013 e una crisi sarebbe una sciagura». E per la prima volta, in Parlamento, parla del proprio futuro: «Non voglio rimanere per sempre a palazzo Chigi, fare il leader a vita del centrodestra». Certo, il suo sogno di fondare il grande partito dei moderati resta intatto: «Voglio però fortissimamente lasciare all’Italia, come mia eredità politica, un grande partito ispirato al Partito popolare europeo, un partito trasparente, democratico, che sia per il nostro Paese il baluardo primo della democrazia e della libertà».
Incassa 12 applausi, l’opposizione mugugna distratta visto che buona parte dei senatori del Pd consulta la propria pagina di facebook, ma il Cavaliere si dimostra determinatissimo, sebbene usi toni bassi. Il premier traccia l’agenda delle cose da fare da qui alla fine della legislatura. Parla di 5 punti strategici: federalismo, fisco, giustizia, sicurezza e Sud; snocciola i risultati positivi del suo esecutivo, in primis l’aver fronteggiato la crisi economica senza aver alzato le tasse; assicura che la riforma del fisco avverrà senza deficit; nega qualsiasi divisione interna in merito al ruolo di Tremonti dicendo che «non c’è una sfida tra il coraggio e il rigore»; accoglie le richieste della Lega in materia di riduzione del numero dei parlamentari, rivisitazione del patto di stabilità interno per gli enti locali, Senato delle Regioni e conclusione della missione in Libia.
Sulle recenti fibrillazioni con il Carroccio, poi, Berlusconi alza la voce: «Rinnovo l’amicizia e la stima per Umberto Bossi: ci hanno provato in tutti i modi a dividerci, ma non ci riusciranno mai. M-a-i». Applausi e sorrisi di Maroni e Calderoli seduti al suo fianco. Poi ammette di aver corteggiato l’Udc di Casini ma «tra i centristi è prevalso il tentativo di continuare a giocare di rimessa. È stato posto un sì condizionato alla mia uscita di scena. È del tutto evidente che sollecitando un suicidio si esclude in partenza la possibilità di celebrare un matrimonio».
Un sassolino dalla scarpa se lo toglie anche nei confronti di Fini e i finiani: «Alcuni parlamentari eletti nel Pdl sotto il simbolo che aveva scritto “Berlusconi presidente” sono usciti dalla maggioranza e oggi fanno dell’antiberlusconismo la loro bandiera politica, mentre prima avevano fatto del bipolarmismo la loro ragione di vita. Oggi si ritrovano nel Terzo polo che vuole esattamente il contrario». Non mancano, nel suo discorso di 34 minuti, delle aperture alle opposizioni, in ossequio a Napolitano: «Saremo degli interlocutori attenti, è importante il contributo delle opposizioni. Lavorare insieme vuol dire rispondere positivamente al capo dello Stato che ha richiamato l’unità per rispondere agli interessi del Paese».
Ma da qui a cedere sulla richiesta di dimissioni ce ne corre. Anzi, «Non dico “dopo di me il diluvio” ma mentre l’opposizione è divisa, l’alleanza Pdl-Lega è l’unica in grado di governare il Paese» e una crisi al buio adesso sarebbe una «follia» in un momento in cui «le agenzie di rating ci tengono sotto osservazione e le locuste della speculazione aspettano solo l’occasione per prendere quelle prede che mostrano segni di debolezza». Quindi avanti march con il programma e con la riforma del fisco che «non produrrà buchi di bilancio, ma darà vita a un sistema più equo e più benevolo verso chi è in condizioni disagiate. La riforma - giura il premier - genererà un sistema che premia chi produce, chi investe, chi risparmia, chi dichiara il giusto, un sistema più semplice che spazzerà via norme incomprensibili, adempimenti inutili e privilegi corporativi». Entra nel merito, Berlusconi: «Ridisegneremo l’impianto delle aliquote, degli scaglioni e delle detrazioni. Vi saranno meno aliquote (solo tre invece che le cinque attuali) e più basse, un sistema di detrazioni e deduzioni più snello e trasparente, in coerenza con gli obiettivi generali della riforma, una riduzione a cinque del numero delle imposte».
Un Cavaliere troppo sdraiato sulla Lega? Nient’affatto. Nel suo discorso c’è anche il Sud: «Daremo concreta attuazione al piano per il Sud e lo faremo seguendo una serrata tabella di marcia.
Da qui alla fine della legislatura riuniremo il Cipe ogni mese con l’obiettivo di rendere operativi gli otto interventi prioritari previsti dal piano». Applausi e pacche sulle spalle. E oggi ci sarà il bis alla Camera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.