Il Cavaliere: «Farò la chioccia dei leader europei»

«Dobbiamo riallacciare al più presto i rapporti coi russi o rischiamo di perderli». Bush e Sarkozy lo chiamano: «Dobbiamo lavorare ancora insieme»

da Roma

La prima telefonata che arriva lunedì sera nell’enorme salone di Arcore dove Silvio Berlusconi si sta godendo una vittoria decisamente più ampia del previsto è quella di José Luis Zapatero. Congratulazioni «sincere», spiega il Cavaliere ai commensali, tanto che i due si dicono d’accordo sulla necessità di «una più stretta collaborazione» tra Italia e Spagna. La serata andrà avanti così per qualche ora, al punto - racconta chi c’era - che «è stato difficile mangiare». Soprattutto per Piersilvio, seduto a fianco al padre e impegnato a più riprese nel passargli il telefono. La lista è lunga: il premier olandese Jan Peter Balkenende, quello tunisino Ben Alì, quello albanese Sali Berisha. Ma la chiacchierata più lunga è quella con Vladimir Putin, visto che il Cavaliere e il leader del Cremlino devono mettere a punto il loro incontro di domani, quando di ritorno dalla Libia Putin farà scalo in Sardegna per un faccia a faccia a Villa Certosa.
Due anni e qualche giorno dopo il suo addio a Palazzo Chigi, dunque, il leader del Pdl ricomincia dalla politica estera. «Riprendiamo da dove eravamo rimasti», chiosa soddisfatto con i presenti. Con l’obiettivo di far valere in Europa il suo status di «più anziano» e, dunque, «più esperto». Insomma, «dovrò fare da chioccia», da «pater familias», come faceva François Mitterrand nel 1994, quando «arrivai per la prima volta a quelle riunioni». Un concetto che ripete anche durante la sua prima conferenza stampa da presidente del Consiglio in pectore. Perché, spiegava lunedì sera ai suoi commensali, quello che ha in mente è cercare di riunire i leader europei per «rilanciare» il ruolo dell’Ue, visto anche il momento di difficoltà degli Stati Uniti. Un’iniziativa cui sembra guardare con interesse José Manuel Barroso, presidente della Commissione Ue oltre che esponente di spicco dei Popolari europei. «Il governo dell’Ue - spiega - conta sul contributo di Berlusconi per il pieno successo politico del progetto europeo».
Quel che colpisce i presenti, però, è che - seppure decisamente sopra ogni aspettativa - il Cavaliere si gode la vittoria «sereno» e «soddisfatto» ma senza farsi trascinare dall’euforia. Lascia trasparire un pizzico di commozione solo quando alza il calice e invita tutti al brindisi. Lo farà anche qualche ora più tardi, quando l’ingresso di Umberto Bossi e dei colonnelli del Carroccio sarà accolto da un lungo applauso e da un secondo brindisi. «Finalmente sono arrivati i miei amici della Lega», dice Berlusconi abbracciando il Senatùr.
Insomma, il dopo elezioni del Cavaliere è piuttosto sobrio. Qualche battuta, certo, ma nessuna voglia di rivincita verso gli sconfitti o gli ex alleati. Solo un po’ di disappunto per l’ottimo risultato di Antonio Di Pietro («ma come è possibile, un partito tanto giustizialista...») e per «tutti quelli che mi davano per finito». «Si prendevano gioco di me quando dicevo che il distacco era di trenta senatori - se la ride davanti al roastbeef -: vorrei vedere le loro facce ora che siamo a quaranta...».
Il day after della vittoria inizia come si era chiusa la sera di lunedì. Ieri mattina, infatti, il Cavaliere ha continuato a ricevere le telefonate dei leader stranieri. La più gradita, probabilmente, quella di George Bush che si è detto ansioso di «lavorare ancora con lui» e con cui si sono dati appuntamento a breve per un faccia a faccia. Poi, di nuovo Putin, segno evidente che le relazioni tra Italia e Russia saranno ancora una volta molto strette. Anche in prospettiva europea. «Ue e Federazione Russa - spiega Berlusconi nella sua prima uscita pubblica dopo la vittoria - dovranno avere un rapporto più ravvicinato e globale». A solo ventiquattro ore dal «convincente successo elettorale», per usare le parole del cancelliere tedesco Angela Merkel, le linee fondamentali della politica estera di Silvio Berlusconi sembrano dunque già tracciate. E confermano le «preferenze» a cui ha saldamente ancorato la Farnesina nel quinquennio tra il 2001 e il 2006. Con più spazio, però, per quell’Europa che più d’una volta era stata terreno di incomprensioni soprattutto per ragioni di bilancio comunitario.
D’altra parte, dal 2006 di acqua sotto i ponti ne è passata. All’Eliseo non c’è più Jacques Chirac ma Nicolas Sarkozy la cui storia personale sembra essere certamente più congeniale al Cavaliere tanto che in Francia è già stato coniato un nuovo neologismo: «Le Sarkóberlusconisme». E anche con il presidente francese c’è stata una lunga e cordiale telefonata conclusasi con l’impegno di incontrarsi al più presto e «avviare una concertazione molto stretta» tra Italia e Francia.


Ma il primo viaggio ufficiale da presidente del Consiglio lo farà in Israele per la celebrazione dei 60 anni dello Stato ebraico. «Tra noi devono esserci rapporti stretti», gli ripete il premier Ehud Olmert durante la telefonata di congratulazioni.

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