«Meno male che Sgarbi cè» ha pensato e detto a me Silvio Berlusconi, incontrandomi ieri mattina per valutare lopportunità di chiedere la proroga delle elezioni regionali del Lazio. Una opportunità che le persone più vicine a lui, del suo stesso partito, ritenevano dubbia, per la scomodità di chiamare gli elettori in un tempo separato rispetto a quello delle altre elezioni regionali e per lo sforzo di quanti da qualche mese hanno iniziato la loro campagna elettorale e lhanno potenziata, sul piano della propaganda e delle relazioni, a partire dalla consegna delle liste, delle firme e dei certificati elettorali, in coincidenza con quella par condicio che ha sterilizzato la comunicazione politica ma ha dato ad ognuno ciò che la legge stabilisce. Ad ognuno ma non a me. Che non avevo fatto alcun errore, che non ho corretto integrato emendato i documenti per lammissione delle liste ma ho dovuto aspettare venti giorni perché il Tar procedesse al conteggio dei certificati che cerano tutti, 2.117, fin dal primo giorno. La nostra sostenitrice, valente archeologa che ha richiesto i certificati, mi ha confermato che per conteggiare 2117 schede occorrono non più di venti minuti, lavorando in cinque. Se la Corte dappello aveva fatto male i conti, il Tar per trovare quei venti minuti ci ha messo venti giorni.
Il solo a non aver avuto dubbi sulla più che opportunità, necessità di chiedere la proroga di almeno due settimane è stato proprio Berlusconi, che non mi ha chiesto di procedere, mi ha semplicemente dato ragione, cosa che non è piaciuta ad alcuni che hanno pensato che io abbia agito per suo stimolo. In realtà mi aspettavo che mi chiedesse di soprassedere per andare al voto con la forza di una propaganda unitaria che trascinasse anche gli elettori del Lazio anche in assenza della lista del Popolo della Libertà. Molto soddisfatto e compiaciuto, come chi si sente vendicato, Berlusconi mi ha semplicemente dato ragione. Avrei dovuto contraddirlo facendo lopposto di quello che volevo perché lo voleva anche lui? In realtà cè una singolare soddisfazione nel vedere che chi di regole ferisce di regole perisce. E siccome la lista del Popolo della Libertà non è stata ammessa per un ritardo di venti minuti, non si capisce perché, in nome delle stesse regole, io non debba vedermi risarcito il furto di venti giorni di campagna elettorale. Avrei dovuto farla nellincertezza di essere presente nella provincia di Roma chiedendo allelettore: «votami, se ci sarò»?, muovendomi quindi nella incertezza, per lelettore, e nella speranza, mia, di essere ammesso? È evidente la violazione del mio diritto ad avere pari opportunità nella comunicazione, a partire nelle stesse condizioni delle altre liste. Come si può fare una corsa quando uno dei due è avanti di 200 metri? È quindi inevitabile che la proroga venga concessa. Salvo riconoscere di vivere in un regime che non è quello berlusconiano ma quello di magistrati che fanno quello che vogliono e fanno scontare i loro errori a chi ne è vittima.
Berlusconi sorrideva serafico immaginandosi, e potrebbe esserlo se decidesse come parlamentare e uomo di governo di votare a Roma, elettore passivo che finalmente ha trovato la sua lista. Guardava il mio volantino con la scritta: «Soccorso azzurro per il Popolo della Libertà» e, condividendone lefficacia e la semplicità comunicativa, riconosceva la sua area politica in me. Daltra parte, è evidente, le altre liste essendo quella della Destra di Storace, che già da tempo era uscita dallarea del Pdl in contrasto con Fini, la lista di Mastella perennemente oscillante da una parte allaltra, la lista personale e democristiana di Pionati (nella quale è difficile pensare Berlusconi si possa rispecchiare), quella della Polverini, che è certamente una costola del Pdl ma quella che fa riferimento a Fini, certo non frequentemente in sintonia con Berlusconi. La componente che un tempo si chiamava Forza Italia ha storiche ed evidenti affinità con lista Rete Liberal Sgarbi. E, tra queste offerte, non credo che Berlusconi avrebbe incertezze nella scelta. Come non molti sanno i nostri rapporti sono sempre stati cordiali nonostante la mia autonomia che mi ha fatto perdere più che avere nel corso degli anni e che forse ha rappresentato per Berlusconi una espressione di libertà e di condivisione di principi, ma senza che mai io mi dimostrassi disponibile a obbedire. Oggi questo problema è risolto perché, nella competizione nel Lazio, Berlusconi, assente a Roma, trova rifugio e protezione nel soccorso azzurro. A lui, e anche a me, per vincere e non perdere voti conviene far sapere che Sgarbi cè.
È per questo che, mentre le sue stesse televisioni mi inibiscono di apparire da ieri, non dandomi alcun vantaggio, anche per recuperare il tempo rubato, è necessario avere almeno due settimane in cui comunicare e far sapere che ci siamo. A Berlusconi appare chiaro che la contraddizione delle regole che io ho evidenziato aumenta la curiosità e consente che i suoi elettori trovino rifugio in una casa amica in nome della libertà, ma anche della giustizia. Come immaginare una gara senza uno dei due contendenti, o con uno ammesso che parte in svantaggio? E, anche ottenuto un tempo minimo garantito, le altre liste avranno comunque avuto quindici giorni più di me, un tempo incolmabile come la distanza fra Achille e la tartaruga nel paradosso di Zenone.
Oggi la Bonino dichiara che rimandare le elezioni è dispendioso, ma ieri con Pannella chiedeva di rimandarle in tutte le regioni, anche e soprattutto dove, a parità di regole, non ce nera alcuna necessità. Nel Lazio è invece evidente che se io non avessi più tempo il regime instaurato dai magistrati che sbagliano e non pagano limiterebbe la mia possibilità di esprimermi, che è anche quella nella quale il Popolo della Libertà trova molto nei principi e dei valori in cui crede. La decisione tocca al vicepresidente della Regione e alla sua giunta. Ho sentito più volte Esterino Montino, mi sembrava perfettamente convinto di quello che la Costituzione e le norme emanate nel 1993 prescrivono. Ma in tarda serata mi ha chiamato il ministro Maroni, non solo confermandomi che non spetta al governo e al ministero degli Interni decidere, ma che non era ancora stato consultato come la consuetudine istituzionale vuole. Non tocca a lui, ma anche lui non ha dubbi.
Lo vuole la democrazia, lo sente come un riscatto il Popolo della Libertà; lo attende Silvio Berlusconi con il sarcasmo di chi delle regole è stato vittima, fra sé e sé pensando: «Meno male che Sgarbi cè».
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