Roma - Il confronto sulla riforma della legge elettorale andrà avanti su due binari paralleli, destinati a incrociarsi inevitabilmente nel caso si arrivasse a un’intesa. Mentre a Palazzo Chigi, Prodi e il ministro Chiti aprono oggi il tavolo del governo incontrando la Lega (giovedì toccherà all’Udc, il 20 marzo ad An e il 21 a Forza Italia), ieri i presidenti di Camera e Senato si sono infatti incontrati per definire «un percorso parlamentare». Così, Bertinotti e Marini hanno stabilito che l’iter della riforma della legge elettorale partirà dal Senato, mentre alla Camera si affronteranno le riforme istituzionali.
Per il momento, però, a tenere banco sono le consultazioni ufficiose a Palazzo Chigi. Con il premier che dice di considerare «utile» che a capo della delegazione di Forza Italia si presenti Berlusconi.
Ipotesi di cui si era parlato anche nei giorni scorsi, ma che viene smentita categoricamente dai vertici azzurri. «Come già stabilito - dice il vicecoordinatore Cicchitto - Forza Italia sarà rappresentata dai capigruppo di Camera e Senato, Schifani e Vito». D’altra parte, ragiona con i suoi il Cavaliere, «non ha senso che io ci vada a mettere la faccia se dopo tre mesi di colloqui con Chiti ancora non sappiamo qual è la loro posizione». Anche perché il timore che nell’Unione non ci sia ancora una linea comune e che la legge elettorale venga utilizzata da Prodi come una «scialuppa» (così Bondi) è ancora forte. Insomma, spiega l’azzurro Giacomoni, «solo quando sarà fatta chiarezza sui tempi e sulla proposta del centrosinistra si potrà pensare a un incontro al vertice». E sul punto sono in corso contatti tra Gianni e Enrico Letta che potrebbero anche portare qualche novità prima del 21 marzo.
Con l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio che ha fatto presente al suo successore a Palazzo Chigi la necessità di avere «garanzie». E sull’effettiva volontà di trovare un’intesa e, soprattutto, sull’intenzione di chiudere la partita «in tempi rapidissimi». Per il momento, però, al di là del lavoro sotterraneo delle diplomazie i rapporti sembrano alquanto freddi. Con il coordinatore azzurro che non nasconde le sue perplessità sul fatto che, parlando di Forza Italia, il premier ci tenga a sottolineare che «accordo vasto» non vuol dire «lasciare a qualcuno il diritto di veto». «Se pensa di alternare il bastone e la carota non solo nei confronti della sua maggioranza ma anche verso l’opposizione - è la replica di Bondi - ha preso un grosso abbaglio». Sulla partecipazione del Cavaliere alle consultazioni, però, premono anche i partiti del centrodestra. «Sarebbe un fatto positivo», dice il segretario dell’Udc Cesa. Mentre per il capogruppo di An al Senato Matteoli «Berlusconi farebbe bene ad andarci». E sulla stessa linea è il leghista Calderoli, che però invita Prodi a «confrontarsi» con il Cavaliere «in quanto leader dell’opposizione».
Sulla necessità di riformare la legge elettorale, intanto, sembrano essere quasi tutti d’accordo. Anche se il vicepremier Rutelli ci tiene a dire che «non è tra i temi più urgenti». Mentre il segretario dei Ds Fassino e il leader dell’Udeur Mastella escludono ogni «correlazione» tra riforma e voto.
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