Adalberto Signore
da Roma
Silvio Berlusconi fissa per qualche istante il tabellone elettronico della Camera che segna lesito del primo voto segreto sulla legge elettorale con lespressione di chi sa bene che in gioco cè molto più dellultimo scorcio di legislatura. Fino a quel momento il premier ha assistito al dibattito visibilmente tirato, parlottando a lungo con Giuseppe Pisanu, seduto alla sua destra, e scambiando qualche battuta con Roberto Calderoli, piazzato alla sua sinistra. Buona parte della discussione, però, la passa scartabellando dei fogli che tira fuori da una grossa cartella rossa e sfogliando documenti. La tensione è palpabile e sfocia in un duro faccia a faccia con Dario Franceschini che nel suo intervento cita vecchie frasi del premier sulla legge elettorale. «È falso, è falso», sbotta Berlusconi rivolto al coordinatore della Margherita. Poi, a pochi minuti dal voto della verità, il presidente del Consiglio prima ascolta impassibile, le mani giunte a tenergli il mento, e infine, braccia conserte, si lascia andare sulla sedia. Quando il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini annuncia il voto, ha quasi un sussulto. Si gira verso la lavagna luminosa, si piega verso Calderoli e alza il braccio indicando il tabellone come a dire che è fatta. I voti di scarto per la Cdl sono 56, la maggioranza tiene e, per di più, il computo dei voti indica che i tanto temuti «franchi tiratori» stanno nellopposizione. Berlusconi può finalmente rilassarsi. Un misto di sollievo e ritrovato ottimismo che fa dire al premier di essere persino «indistruttibile», dopo la storta alla caviglia rimediata scendendo dai banchi del governo. E più tardi si concede anche un siparietto con Francesco Rutelli, che porta una vistosa fasciatura per i postumi di un intervento chirurgico. «Che ti è successo?». «Ho fatto un intervento alla spalla». «E io alla caviglia...». «Auguri». «Auguri».
In serata, dopo che il susseguirsi dei voti segreti ha confermato la tenuta della maggioranza, lentusiasmo di Berlusconi è palpabile. «Ragazzi, sta cambiando il vento. Possiamo vincere, siamo tornati al clima di cinque anni fa», dice ad alcuni deputati del Polo. Poi, lasciando Montecitorio, sottolinea «lottima prova di lealtà della maggioranza che qualche volta in passato si è divisa su alcuni temi particolari». «Ma sulle cose fondamentali - aggiunge - il centrodestra si è sempre mostrato unito». La congiuntura per la Cdl è tornata positiva, tanto che il premier minimizza il suo ruolo nellaver convinto Casini («è stata la situazione a convincere un po tutti», anche grazie a «una sinistra incapace a esprimere un programma»). Poi Berlusconi si spinge a prefigurare uno scenario di vittoria con «tanti posti» per tutti gli alleati.
La full immersion del presidente del Consiglio nellAula di Montecitorio sembra essere di buon auspicio per liter della riforma elettorale. «Sono soddisfatto e - azzarda - penso proprio che andrà così anche nei prossimi giorni» (il voto conclusivo dovrebbe esserci domani). Berlusconi assicura che seguirà i lavori anche oggi, «perché credo che sia molto importante visto che il cambiamento della legge elettorale può dare molti vantaggi alla governabilità del Paese». «Questo nuovo sistema - spiega - è quello più aderente alla volontà dei cittadini visto che alla maggioranza dei voti corrisponde la maggioranza dei seggi». E, novità che il Cavaliere rimarca, per la prima volta sulla scheda sarà indicato il capo della coalizione. Superfluo perciò discutere ora di leadership: «Primarie? Ne parleremo dopo la riforma», considerata «prodromica» alla nascita del partito unico. E anche stabilire un ticket elettorale per il 2006: «Non ci sarà, ci abbiamo ragionato con gli alleati».
Una legge elettorale su cui «nessuno può sollevare obiezioni». Pertanto «la posizione della sinistra appare francamente indifendibile». A chi gli ricorda i rilievi del Quirinale, Berlusconi replica che si erano «già trovate le modifiche che fanno rientrare perfettamente quei tre punti nellambito costituzionale». E allaccusa dellopposizione, secondo cui con la riforma il potere di scegliere i candidati ritornerebbe nelle mani dei partiti, ribatte secco: «Be, ma questo è esattamente quello che succede ora».
Poi il premier si concede una replica a Luciano Violante, che lo aveva criticato per le sue troppe assenze in Parlamento.
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